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Il gruppo d’Amico riafferma l'impegno sul Giappone e chiede…

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Il gruppo d’Amico riafferma l'impegno sul Giappone e chiede flessibilità ai partner

Due grandi navi di ghiaccio nel salone delle feste del Palace di Tokyo. È l'annuale reception del gruppo armatoriale d'Amico, con un numero impressionante di partner commerciali giapponesi. Quest’anno l’evento era stato in dubbio per la vicinanza di data con l’anniversario dello tsunami, ma la parte nipponica ne ha poi incoraggiato lo svolgimento (nel 2011 la reception era stata cancellata e il ricavato era andato a finanziare una biblioteca viaggiante per il comune di Rikuzentakata).

I cugini Paolo e Cesare d’Amico chiamano sul palco una rappresentanza della nuova generazione della famiglia: Antonia (figlia di Paolo) ed Emanuele (figlio di Cesare) per sottolineare la proiezione del gruppo su un futuro a lungo termine. Poi il presidente e il Ceo parlano, destando probabilmente stupore nell'audience non tanto per il contenuto ma per la forma. Nei codici della comunicazione in Giappone si tiene sempre distinti “tatemae” e “honne”: la prima espressione indica la “facciata” (quello che si fa e di dice in pubblico, mai corrispondente in pieno alla verita') e la seconda riguarda la verita' “vera”, che tende a esprimersi solo nella sfera privata e anche in questo caso con buone dosi di sfumatura. I cugini armatori non stanno tanto a sottilizzare e con schiettezza tutta italiana lanciano un messaggio chiaro. «La nostra industria, come sapete, è una industria ciclica e oggi la congiuntura è very challenging – ha detto Paolo d’Amico –. Vi chiediamo di reciprocare l’aiuto che vi abbiamo dato in passato per superare i problemi di oggi, che sono i problemi di tutti e che sicuramente supereremo». Un riferimento, insomma, agli anni non certo lontani in cui la cantieristica navale giapponese era in crisi e chiese al gruppo italiano di anticipare ordini per evitare che qualche shipyard fallisse.

Ora, mentre il rallentamento cinese deprime il mercato internazionale e d’altra parte nuova capacità continua nel complesso ad affluire, e' l'ordinante che preme per una maggiore flessibilità, ad esempio sui tempi di consegna di nuove navi.
Il messaggio è stato inquadrato nel contesto di un riaffermato impegno verso il mercato nipponico. Cesare d’Amico ha ricordato che il gruppo ha investito negli ultimi 15 anni qualcosa come 5 miliardi di dollari nel mondo economico giapponese dello shipping (quasi 4 nel “chartered” e oltre un miliardo nell'acquisto di navi): «In nessun altro posto, neanche in Europa o in Italia, abbiamo messo a disposizione più risorse nostre». Poi ha ricordato che, a differenza di altri operatori, il gruppo puo' contare su una diversificazioneoggi quanto mai importante, visto che per le navi cisterna la situazione attuale di mercato e' molto piu' favorevole che per il carico secco (del resto, a inizio mese la quotata d'Amico International Shipping ha annunciato il ritorno all'utile netto annuale per 54 milioni di dollari contro il rosso per 10,6 milioni dell'esercizio precedente). Ha infine rassicurato sul fatto che la societa' continuera' a puntare su un intenso rapporto con gli operatori giapponesi e anzi a renderlo piu' stretto.

«Si tratta di lasciar passare quest'anno, tirando la cinghia ma anche continuando a investire in modo mirato: sono convinto che poi il mercato si riprenderà – conclude Cesare d'Amico –. Sono venuto qui alla fine degli anni ‘90 a costruire una strada, in un mercato serio e affidabile, su cui la generazione successiva dovra' continuare e spero che potra' fare ancora meglio di noi».
Con i giapponesi, si sa, le trattative sono sempre lunghe. Ma il messaggio – sia pure espresso in modalità troppo esplicite per gli standard locali – dovrebbe avere buone possibilità di passare. Dopotutto, nella cultura nipponica è fondamentale il concetto di “on” e di “giri”: un sentimento per cui il favore ricevuto crea una forte dovere morale alla reciprocita'. Nella sostanza e non solo nella forma.

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