
MIAMI - La Florida, il piu' grande stato ieri al voto, ha promosso entrambi i front runner nelle elezioni presidenziali americane, il repubblicano Donald Trump e la democratica Hillary Clinton. Con il 29% dei voti scrutinati Trump aveva il 45% contro il 27% del rivale che giocava in casa, Marco Rubio. Clinton vinceva 66% contro 31% contro Bernie Sanders.
Ma e' la battaglia tra i conservatori che domina. Barack Obama ha condannato volgarita' e violenza istigate da Trump, avvertendo che erodono l'immagine e l'influenza internazionale degli Stati Uniti. “Troppi leader tacciono _ ha detto a un gruppo bipartisan di parlamentari mentre gli elettori di cinque stati si sono recati alle urne in un nuovo Super Martedi' di primarie _ Troppo spesso abbiamo accettato questa realta' come normale. Dobbiamo domandarci chi siamo e come vogliamo essere percepiti, perche' il mondo ci ascolta”.
Marco Rubio ha annunciato il suo ritiro dalla corsa per la Casa Bianca, dopo la pesante sconfitta alle primarie repubblicane della Florida. «Poichè non è nei piani di Dio che io diventi presidente nel 2016 e forse mai...oggi la mia campagna è sospesa», ha dichiarato il senatore.
Ted Cruz non perde tempo e punta dritto ai supporter di Marco Rubio che ha annunciato il ritiro dalla corsa per la nomination repubblicana. «A chi ha supportato Marco Rubio, a chi ha lavorato duramente per la sua campagna dico: vi accogliamo a braccia aperte», ha dichiarato il senatore texano. «Rubio è un amico e un collega. La sua storia è potente e fonte di ispirazione - ha osservato - la sua campagna elettorale ha ispirato milioni di persone, ma da domani restano possibili solo due campagne: la nostra e quella di Donald Trump. Nessun altro ha le possibilità matematiche di battere Trump», ha rimarcato Cruz nel suo quartier generale di Houston. Rubio, uscendo di scena, lascia in eredita' 163 delegati.
Le tensioni che circondano l'avanzata nazionale di Trump erano palpabili al seggio numero 30 di Miami, circondato da un giardino di palme e dove di prima mattina avevano votato in 140. Tra loro il dottor Sylvan Schotz, che tutti conoscono perché agli appuntamenti elettorali non manca dal 1956: questa volta ha però scelto Trump, l'anti-politico per eccellenza. «Mi piace perché chiede trattati a vantaggio dell'America».
A pochi chilometri, a Little Havana, storico quartiere cubano-americano, tra una partita di domino e una a carte e di fianco a un vecchio cinema decorato con poster di Fellini, Miguel parla della sua scelta diversa, il senatore locale Marco Rubio. Ma lo fa sottovoce, segno d'una probabile sconfitta. Ai seggi c'è anche Patricia, sindacalista della union alberghiera, che vota nelle primarie democratiche per Bernie Sanders al fine di tener viva la sua candidatura nonostante preveda che in Florida vinca Hillary e quindi fa campagna soprattutto per un referendum cittadino a favore della costruzione di un nuovo mega-albergo da 1.400 posti di lavoro. E c'è Jefferson Thomas, architetto dal nome altisonante che preferisce Hillary «per la competenza». Anche lui, tuttavia, oggi parla anzitutto di Trump: «Guiderebbe il Paese al disatro».
Ma e' la battaglia tra i conservatori che domina. Barack Obama ha condannato volgarità e violenza istigate da Trump, avvertendo che erodono l'immagine e l'influenza internazionale degli Stati Uniti. «Troppi leader tacciono - ha detto a un gruppo bipartisan di parlamentari mentre gli elettori di cinque stati si sono recati alle urne in un nuovo Super Martedì di primarie - Troppo spesso abbiamo accettato questa realtà come normale. Dobbiamo domandarci chi siamo e come vogliamo essere percepiti, perché il mondo ci ascolta». In Florida, dove l'ampio ricorso al voto anticipato ha portato alle urne fin dalle scorse settimane 1,1 milioni di elettori, e metà dei repubblicani che si esprimeranno, Trump appariva destinato a vincere sfidando le crescenti polemiche.
Salvo un'affluenza straordinaria nella sua roccaforte della contea di Miami Dade, i sondaggi davano Rubio in ritardo in media di oltre 16 punti. All'ultimo voto minacciavano invece di andare altri scontri nei ranghi repubblicani: in Ohio tra Trump e il governatore dello stato John Kasich, che ha alzato il tiro contro la retorica aggressiva del costruttore. E in Illinois, dove a sperare era Ted Cruz. In palio ieri erano inoltre North Carolina e Missouri. Nelle primarie democratiche, al contrario, tutti gli occhi erano puntati su Ohio, Illinois e Missouri dove Sanders, concessa alla favorita Hillary la Florida, ha cercato di sorprenderla come già fatto in Michigan, facendo leva sulla denuncia di diseguaglianze sociali e libero commercio nella cintura industriale disagiata.
Nel novero dei candidati presidenziali, tuttavia, sono stati soprattutto Kasich e Rubio a giocarsi il tutto per tutto. Una loro sconfitta in casa prelude a un'uscita di scena. All'ultimo rally, nella notte di lunedì, il senatore della Florida è tornato alle sue radici, nel centro ricreativo d'un quartiere residenziale a nord di Little Havana tra casette di stucco di color pastello. In maniche di camicia dal cassone di un pick up ha rivendicato di rappresentare lui ora “el gran sueño americano”, il sogno americano in difficoltà nella comunità ispanica e non solo. Concordano Osvaldo Servalo, ingegnere originario della Colombia, e Oscar Tousa, elettricista emigrato da Cuba negli anni Ottanta: a loro non piace la rabbia di Trump contro gli immigrati. «Trump ha l'aria del dittatore», dice Tousa. «Quello per Trump è un voto di paura», aggiunge Servalo. Ma per Rubio è calato l'entusiasmo: l'ex esponente dei Tea Party è parso oggi troppo vicino all'establishment repubblicano. Nelle ultime ore ha visto il procuratore generale dello stato Pam Bondi, ex sostenitrice di Jeb Bush, schierarsi con Trump. E anche tra tutti gli elettori ispanici della Florida perdeva contro il rivale. Il suo “sueño” presidenziale rischia di fermarsi dove era cominciato.
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