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Mosca: ritiro parziale, pronti a raid aerei

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Mosca: ritiro parziale, pronti a raid aerei

  • –Roberto Bongiorni

Vladimir Putin ha mantenuto la parola. Già da ieri mattina – ha reso noto il Ministero russo della Difesa «il primo gruppo di aerei ha lasciato la base di Hmeimim », avviando il ritiro di «gran parte» delle forze.

Ma l’annuncio del presidente russo è un ritiro parziale, a metà. Perché se alcuni mezzi prendevano la via del ritorno verso la Federazione russa, altri caccia del Cremlino, assistiti da elicotteri da combattimento, hanno lanciato, sempre ieri, intensi bombardamenti contro postazioni dello Stato islamico intorno a Palmira, città conquistata dall’Isis nel maggio del 2015 che l’esercito del regime siriano punta a riconquistare per la sua importanza strategica.

A quale dei due Putin bisogna credere? Se l’intento dell’intervento militare russo, scattato lo scorso 30 settembre, era unirsi alla guerra contro l’Isis ponendosi come obiettivo se non la sua distruzione, quanto meno un suo forte ridimensionamento, allora parlare di “obiettivo raggiunto” non corrisponde alla realtà. Ma gli altri obiettivi “non ufficiali” –anche se probabilmente più importanti per il Cremlino – sono stati centrati. A cominciare dall’evitare la capitolazione del regime siriano in un momento in cui versava in grandi difficoltà sul fronte militare (e in seguito rafforzare con successo la sua controffensiva); impedire ai Paesi occidentali di imporre un cambiamento di leadership in Siria; fino a promuovere la Russia come uno dei protagonisti di cui non si può fare a meno nel cercare di dare ordine al caotico contesto geopolitico mondiale.

Il passo del presidente russo, iniziato simbolicamente nel giorno del 5° anniversario dell’inizio della guerra civile e durante la tregua in cui Mosca è stata protagonista, ha suscitato reazioni politiche contrastanti. L’inviato dell’Onu, Staffan De Mistura, ha espresso ottimismo, aspettandosi un impulso per i colloqui di pace tra regime e opposizione, in questi giorni in corso a Ginevra. Francia e Regno Unito appaiono più caute. «Diamo il benvenuto a questa decisione, se indica un impegno fermo della Russia ad appoggiare la transizione politica», ha detto un portavoce del Governo britannico. «La giudicheremo sulla base di quanto vedremo sul campo».

Di difficile lettura la posizione degli Stati Uniti . La Casa Bianca «non vuole fare congetture sulle motivazioni del presidente russo Vladimir Putin. Lui è nella migliore posizione per spiegarle», ha affermato il portavoce dell’amministrazione Obama, Josh Earnest, dicendosi però «incoraggiato» dai progressi diplomatici in corso e dal fatto che la Russia ieri abbia detto di sostenere un esito di successo delle trattative di pace iniziate Ginevra sotto la guida dell’Onu. «Non era la prima volta che lo dicevano ma è notevole che lo abbiamo ripetuto perché ciò è in linea con gli obiettivi degli Usa.È ovviamente una manovra che continueremo a vigilare...Se continuano a impegnarsi ad essere coinvolti e a coinvolgere tutte le parti in queste trattative facilitando un accordo, allora sarebbe un esito positivo». Una posizione dunque improntata alla cautela ma che lascia tuttavia aperta una porta nelle relazioni tra Washington e Mosca. Tanto che il segretario di Stato americano , John Kerry, la settimana prossima sarà proprio a Mosca per discutere del processo di pace in Siria «cercando di approfittare di questo momento. Anche l’opposizione sirana si è detta incoraggiata dal ritiro russo ed ha annunciato la volontà di colloqui diretti con il regime. I movimenti estremisti attivi in Siria hanno invece parlato di sconfitta della Russia annunciando una imminente controffensiva su Damasco.

Per quanto indebolito, mutilato di parte della sua leadership e con minori risorse finanziarie a disposizione, l’Isis è ancora una minaccia letale, capace di conquistare altre città in Siria e in Iraq. E organizzare attentati terroristici da esportare nei Paesi occidentali impegnati a combatterlo. «È ancora troppo presto per parlare di una vittoria sul terrorismo» e per questo «le forze aeree russe hanno il compito di continuare a colpire gli obiettivi terroristici», ha dichiarato il viceministro russo della Difesa Nikolai Pankov. Altro motivo che propende per la tesi del ritiro a metà, è il fatto che Mosca, peraltro, non sta ritirando le temibili batterie anti-aeree S-400. Il fiore all’occhiello dei suoi sistemi d’arma.

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