Che questa volta il deal si chiuda davvero ci credono in tanti, nonostante l’entusiasmo dei mercati sia andato raffreddandosi dopo le fiammate dei giorni scorsi, nonostante sia quasi certo un rilancio americano sulla preda britannica. Il corteggiamento di Deutsche Boerse nei confronti di London stock exchange risale a sedici anni fa, quando Borsa Italiana non era parte del gruppo con sede a Londra. Nel maggio di quell’anno furono annunciati «colloqui» non troppo diversi da quelli svelati nel febbraio corso e conclusi con l’accordo di ieri.
Allora furono più brevi e di ben altro tenore, spianando idealmente la strada, qualche mese più tardi, all’attacco ostile che l’Omx svedese tentò sulla Borsa britannica. Stoccolma ripiegò e nei quattro anni successivi Lse ha operato senza doversi guardare le spalle da scalatori o semplici pretendenti. L’attrazione tedesca per la City è riemersa nel dicembre del 2004 con una nuova tornata di colloqui e un’offerta sul tavolo britannico che avrebbe potuto configurare una tradizionale acquisizione. L’epilogo – teorico, lo ribadiamo, in attesa di capire che cosa faranno gli americani di Ice e Cme – è giunto ieri con la «Fusione fra uguali per creare un’infrastruttura paneuropea per mercati globali» come s’intitola il dossier sul merger. Perplessità a parte sull’effettiva “parità” dell’operazione che vedrà gli azionisti di Deutsche Borse garantirsi il 54 e più per cento del futuro gruppo, l’operazione non si può evidentemente considerare inattesa.
L’annuncio dei colloqui di febbraio non era previsto, ma la voglia di consolidamento nel mondo dei listini è una realtà dei fatti e un segno dell’azione di Xavier Rolet, ceo di Lse già banker di Goldman Sachs, Kleinwort e Lehman. I fatti ci dicono che fra il 2005 e il 2006 a mettere le mani su Lse hanno provato prima gli australiani di Macquarie, poi due volte il Nasdaq. Non se fece nulla fino al 2007 quando arrivò la fusione con Borsa Italiana, prologo allo sbarco, un paio d’anni più tardi, di Xavier Rolet in Paternoster square. Pochi mesi di rodaggio e il ceo francese cominciò subito la ricerca di partner o di possibili prede. Nel 2011 sembrava fatta. Il matrimonio transatlantico fra il Tmx canadese e Lse group era ai dettagli. Ci furono colloqui, ci fu l’annuncio dell’intesa e poi il brusco risveglio di un deal cancellato all’ultimo giro. Per Lseg è continuata la corsa verso acquisizioni: da Lch Clearnet agli americani di Russell, in un crescendo che ha fatto lievitare i valori del gruppo anglo-italiano. Tanto da renderlo nuovamente appetibile a Deutsche Borse non più per un’acquisizone tout court, ma per una fusione, nonostante i “se” e i “ma”. Sempre che vada davvero in porto, la storia non lo garantisce affatto.