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Decisivi i criteri per «contare» i costi

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LE FLESSIBILITÀ DI BILANCIO

Decisivi i criteri per «contare» i costi

(Reuters)
(Reuters)

In che modo far fronte all'aumento delle spese connesse all'emergenza migranti, e soprattutto con quali criteri? Logica vorrebbe che quelle spese fossero scomputate dal calcolo del deficit. Ma la complessa architettura contabile europea sembra andare in altra direzione. Il problema - come segnala il Centro studi di Confindustria – è che nella valutazione sulla legge di stabilità (il giudizio finale è atteso per metà maggio) la Commissione Ue ha precisato che le spese per i rifugiati non possono essere considerate una tantum, come ha previsto il Governo (con annessa richiesta di flessibilità aggiuntiva pari allo 0,2% del Pil).

Poco male, si potrebbe obiettare. Non proprio, poiché il criterio principe cui guarda la disciplina di bilancio europea (vale a dire il saldo strutturale) è costruito al netto delle variazioni del ciclo economico e, appunto, delle una tantum.
Se le spese per i rifugiati vanno, come sembra, assimilate a uscite a carattere permanente, la conseguenza è che andranno a impattare sul deficit nominale.
In poche parole, tenendo per ora ferma la previsione della Nota di aggiornamento del Def dello scorso settembre (2,4%), il deficit scivolerebbe al 2,6%, se non oltre considerato che nelle ultime previsioni Bruxelles stima il 2,5% a fronte di una crescita dell'1,4% (contro l'1,6% della Nota del Def).

Con l'eventualità che la mini-correzione cui sta lavorando il Governo in vista della presentazione a metà aprile del prossimo Def (2-3 miliardi), per ora derubricata al rango di aggiustamento contabile, dovrebbe prendere la forma di una vera e propria manovra correttiva.
Il fatto è che la Commissione Ue non ha ancora comunicato, almeno per le vie ufficiali, quale criterio proporre ai governi per la contabilizzazione di tali extra-costi. Non è stato ad esempio specificato se le spese per i migranti possano essere o meno assimilate alle “circostanze eccezionali” previste dal Patto di stabilità (tra queste una grave e prolungata fase recessiva oppure una calamità naturale).

E così si procede in ordine sparso. Per Matteo Renzi, che ieri ne ha fatto cenno con riferimento principale al tema degli investimenti, possono tornare in campo gli eurobond, finora bloccati dalla persistente opposizione di Berlino. Si ipotizzano anche altre strade, come una tassa sulla benzina, oppure un fondo ad hoc finanziato dai governi.
Spese effettivamente effettuate e documentate, naturalmente, che potrebbero anche prendere la forma di investimenti mirati in infrastrutture per l'accoglienza e l'integrazione (scuole e asili nido, ad esempio). Temi che certamente saranno affrontati nell'incontro che Renzi avrà martedì a palazzo Chigi con il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici.
Al momento – come ricorda il Csc – si tiene conto soltanto della maggiore spesa per i migranti rispetto a quella sostenuta l'anno prima.
In sostanza l'Italia spenderà quest'anno 2,5 volte la media nel triennio 2011-2013, essendo il Paese che dai primi anni 2000 è tra quelli che, insieme alla Spagna, ha visto crescere di più la quota di stranieri residenti (dal 2,4% all'8,2% nel 2013).

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