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Quel rifiuto tedesco all’Unione bancaria

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Europa

Quel rifiuto tedesco all’Unione bancaria

  • –Attilio Geroni

Più di una ragione ha spinto giovedì Mario Draghi a convocare un insolito briefing a margine del vertice europeo. Per precisare che i tassi d’interesse, già in territorio negativo, potrebbero scendere ancora in caso di bisogno. Per sollecitare i governi dell’eurozona a dare nuovo impulso all’unione monetaria, anzi all’unione bancaria.

Attilio Geroni

Un progetto incompleto e tuttora asimmetrico anche nella sua ultima “creatura”, l’Unione bancaria, alla quale continua a mancare la terza gamba: il fondo di garanzia unico sui depositi bancari.

Bloomberg ha fornito una plausibile ricostruzione sulle ragioni dietro le parole del presidente della Banca centrale europea e soprattutto su quali fossero i reali destinatari del messaggio. L’agenzia parla di una discussione tra i leader europei sui prossimi passi verso una maggior integrazione di Eurolandia. Il Portogallo, tra gli altri, avrebbe posto il problema del fondo unico di garanzia, indispensabile per completare la banking union, solo per vedersi “rimproverare” dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Che avrebbe risposto in sostanza: non è la sede, non è il momento per parlare di queste cose.

La Bce tiene molto a quest’ultima fase, anche per dare un segnale all’opinione pubblica sul proseguimento del processo di integrazione, almeno in determinate aree. La Germania invece ritiene sia ancora prematuro affrontare il tema poiché il fondo europeo sui depositi implicherebbe una prima mutualizzazione dei rischi. Angela Merkel e Mario Draghi, vera leadership europea in questi anni di crisi, ancora non hanno ancora trovato un punto d’incontro su un aspetto fondamentale della costruzione europea. E mentre sul piano Omt e sul Quantitative easing la cancelliera, attraverso il silenzio-assenso ha dato una significativa copertura politica alle iniziative della Bce per gestire e risolvere la crisi dell’Eurozona, sull’Unione bancaria questo appoggio tarda a materializzarsi.

Il perché di questo ritardo può essere spiegato con le recenti difficoltà politiche di Angela Merkel sulla vicenda dei migranti: fronda interna al suo stesso partito, opinione pubblica in buona parte contraria ad accogliere flussi così ingenti (1,2 milioni solo l’anno scorso) e caduta della popolarità. Siccome nella cancelliera la visione strategica convive disinvoltamente con il calcolo di breve-medio termine è difficile immaginare l’apertura di un altro fronte. Tanto più che il tema della mutualizzazione del rischio nell’Eurozona è in Germania un tema assai popolare (o impopolare, vista dalla prospettiva tedesca) e sul quale non conviene spendersi in questa fase.

Sia Merkel sia il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble sono perfettamente consapevoli di questa “grande incompiuta” che è l’Unione bancaria senza una coperta assicurativa comune per tutti i depositi bancari dell’Eurozona. Pretendono però ancora garanzie sulla tenuta e sulla solvibilità delle banche degli altri Paesi, Italia compresa, e su quella del rischio sovrano, legato al debito pubblico. Fanno finta di dimenticarsi dell’opacità del loro sistema creditizio, fondato su tre pilastri (istituti privati, pubblici e cooperative) e in molti casi legato a doppio filo con la politica. Forse una schiarita tra Draghi e Merkel sarà possibile tra qualche mese, se e quando l’accordo con la Turchia sui migranti avrà ridotto l’afflusso verso l’Europa, se e quando i sondaggi torneranno a salire, assieme alla popolarità della cancelliera.

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