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Bruxelles la poliglotta stretta in una morsa di terrore

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La testimonianza

Bruxelles la poliglotta stretta in una morsa di terrore

(Ap)
(Ap)

C'era stato, dapprima, l'allarme del novembre scorso, che aveva paralizzato la città (scuole chiuse, metropolitana bloccata e, per un paio di giorni, sospensione delle attività di cinema, teatri, sale da concerto etc.). Ma la tensione si era rapidamente allentata, Bruxelles aveva ripreso i suoi soliti ritmi, la gente si era abituata a convivere con lo spettacolo delle pattuglie in tuta mimetica, dei mezzi blindati dispiegati nei punti nevralgici del centro, fra stazioni ferroviarie, istituzioni europee, ambasciate e consolati.

A dicembre, con l'avvicinarsi delle festività, una folla proveniente da tutte le parti della città aveva invaso i grandi magazzini della Rue Neuve e dell'Avenue Louise, le boutiques lussuose di boulevard de Waterloo. Con l'inizio del nuovo anno, anche il ricordo della passata emergenza sembrava svanito e nei diciannove comuni che formano l'agglomerato urbano di Bruxelles la vita avevo ripreso a scorrere in un'apparente normalità, perfino a Molenbeek, il comune improvvisamente balzato ai primi piani dell'attualità per la scoperta di covi di terroristi legati agli attentati parigini del 13 novembre.

L'assessore alla cultura di Molenbeek, la giovane ed attivissima Annalisa Gadaleta, di origini pugliesi, si era impegnata ad organizzare, lungo tutto l'arco dell'anno, un'intera stagione di eventi culturali ed artistici italiani, in occasione del 70° anniversario degli accordi italo-belgi sull'immigrazione: Molenbeek è stata, infatti, per lungo tempo una roccaforte dell'emigrazione italiana in Belgio ed era importante, per la municipalità, rilanciare un'immagine multiculturale del comune, che ne evidenziasse la varietà di componenti e ne smitizzasse il cliché, troppo volte ribattutto dai giornali, di cittadella islamica. Poi, nelle ultime settimane, la sparatoria di Forest e le successive perquisizioni avevano ridestato i fantasmi solo per poco rimossi. Il successivo arresto di Salah Abdeslam, pochi giorni or sono, aveva suscitato reazioni contrastanti.

Gli uni avevano tirato un sospiro di sollievo: il mostro era stato messo in condizioni di non nuocere, si poteva tornare a respirare. Altri invece avevano subito messo in guardia contro possibili colpi di coda. Ma la vita di tutti i giorni, intanto, nei mezzi pubblici, nei negozi, per le strade proseguiva il suo corso. Nei mille bar e ristorantini che si aprono sulle strade del quartiere in cui hanno sede il Parlamento Europeo e gli uffici della Commissione, continuava ad affollarsi una coloratissima e poliglotta selva di giovani stagisti in jeans e giacche a vento e di funzionari incravattati che costituisce certamente la tribù urbana più caratteristica della capitale.

Chi poteva immaginare che su questa brulicante moltitudine che sembra incarnare, nella sua stessa varietà linguistica, l'immagine utopica di una pacifica e risolta convivenza di destini europei, stesse per abbattersi la notizia degli attentati all'aeroporto di Zaventem e nella metropolitana a Maalbeek?

Un'ondata di panico raggelante ha subito stretto in una morsa di terrore il cuore della città. Ora Bruxelles conta i suoi morti, le sirene delle ambulanze e della polizia sono, in queste ore, la colonna sonora di una città ferita, « tétanisée » dall'angoscia di una minaccia che può essere dovunque, nel vagone della metropolitana, nella hall di una stazione ferroviaria o di un aeroporto.

E' strana e un po' allucinata l'atmosfera che si respira nelle strade di Bruxelles. Non c'è solo la paura, c'è il sentimento di un punto di non ritorno: da oggi nella capitale la vita sarà diversa per tutti, anche per i burocrati in erba abituati ad incrociarsi sulle rotte aeree più disparate inseguendo freneticamente sui display dei loro smartphone rutilanti le offerte dei voli low cost più a buon mercato.

*Direttore dell'Istituto di cultura italiana a Bruxelles

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