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Tra i giovani italiani di Bruxelles: «Non è più come…

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LE TESTIMONIANZE

Tra i giovani italiani di Bruxelles: «Non è più come prima»

Tutto bene? Dove sei? Fammi sapere appena leggi. Sono stati minuti interminabili anche per i tanti giovani che popolano Bruxelles, che lavorano o studiano nella capitale europea. Molti gli italiani. Un veloce scambio di messaggi, post su facebook e twitter, i telefoni non prendevano, ci si avvisava sugli attentati in corso e ci si cercava a vicenda tra i ragazzi, forse increduli di cosa stesse succedendo. In tanti prendono quotidianamente la linea metro che va a Maelbeek , che porta alla zona europea.

Lavorano o fanno uno stage nelle istituzioni Ue, nelle Ong o in altri uffici collegati agli affari europei, che si trovano proprio in questa zona. «Quando è successo tutto ero su Rue de la Loi, perché l'ufficio è lì vicino. Ho visto le persone iniziare a correre, ho solo camminato veloce, attraversato la strada, per non intralciare le macchine della polizia e le ambulanze su Rue Belliard. Senza aver capito cosa stava accadendo, l'ho scoperto due minuti dopo su Twitter» racconta Elisa Sola che lavora come assistente all'ufficio Ue di Transparency International.

I social non sono mai stati così utili come in una giornata come quella di ieri. Un respiro di sollievo per ogni amico che si collegava e dava sue notizie. «Ero in metro quando ho ricevuto il messaggio che c'era stato un attentato all'aeroporto, non sapevo cosa fare, sono arrivata al lavoro vicino Maelbeek e poco dopo è arrivata una collega sconvolta era passata davanti alla fermata metro nel momento dell'esplosione, le persone urlavano per strada. Non sapevamo ancora cosa fosse successo, abbiamo chiamato tutti i colleghi che ancora dovevano arrivare ma i telefonini non prendevano» E' il racconto di Valentina Pavarotti, che lavora in una Ong a Bruxelles.

Le autorità belghe hanno sconsigliato di muoversi, molti sono stati obbligati a non uscire dal proprio ufficio, altri sono rimasti a casa. La reazione è stata poi quella di cercare di stare insieme, per quanto si poteva, condividere paure, ospitare amici per lavorare da casa, cercare soluzioni alternative per tornare nel proprio paese almeno per le vacanze di Pasqua.

Oggi le strade sono quasi deserte, persone, soprattutto tanti ragazzi, con le valigie in mano pronte a partire o a cercare ospitalità da amici. Una situazione difficile per una città come Bruxelles giovane, colorata dalle differenti culture, vivace , un crocevia di nazionalità europee e extraeuropee. Ciò che attraeva di Bruxelles era proprio studiare, lavorare, ragionare con tante teste diverse per arrivare a una soluzione comune. Mettere insieme tante differenti culture e background, per ragionare insieme.

Ma da ieri qualcosa si è interrotto. In strada ci si guarda spaesati con diffidenza verso l'altro, paura, i terroristi potrebbero essere intorno a noi. È una città piccola, non esistono vere periferie, tutti i quartieri s'incontrano, si incrociano, il quartiere Molenbeek è appena girato l'angolo della place Sainte Catherine, nel centro della città. Però le diverse comunità che popolano la città vivono separate tra di loro, dopo un po' di tempo che si vive nella città belga non è difficile notarlo.

A Bruxelles c'è una disoccupazione altissima per chi non è belga e ha origini arabe o africane rispetto a un belga.
«Continuo a uscire, andare al lavoro e a godermi la mia libertà. Cosi come feci durante il lockdown. Il pub sotto casa forse mi ha vista presente durante quel periodo più che mai. Non farò mai il loro gioco e non ho paura» racconta Vittoria Marchegiani, lavora in una lobby a Bruxelles.

Eppure tutto è cambiato, inutile nasconderselo. « La mia vita cercherò di viverla allo stesso modo, ma sarà comunque diversa. Si sperimenta una paura e un senso del pericolo che prima forse non si era ancora visto e sentito da così vicino almeno a livello personale. Ma si va avanti, ancora con più determinazione» afferma Elisa Sola.

Molti ragazzi italiani non vogliono rinunciare alla Pasqua in famiglia e così si cercano soluzioni per tornare a casa, molti voli sono stati cancellati, all'aeroporto di Charleroi i posti sugli aerei sono esauriti, qualcuno va in treno , altri condividono macchine e cercano compagni di viaggio, altri partiranno da città vicine da Parigi, Amsterdam o Dusseldorf.
«Dal “dopo Parigi” la quotidianità, i gesti e i rituali forse sono gli stessi, ma io sento che il mio modo di vedere il mondo e di prendere la vita è profondamente cambiato. Sono da un lato forse diventata più fatalista, dall'altro nei momenti di solitudine mi capita di essere facilmente spaventata. Tutto sembra casuale, aleatorio e senza senso. In generale ho una forte sensazione di impotenza, che non provavo prima degli attentati » racconta Irene Lanfranchi, lavora in una industria chimica a Bruxelles . Nel frattempo da Place de la Bourse, in centro, tornano i colori di Bruxelles tra le scritte con i gessetti colorati tante le richieste di pace : “J'irai peacer sur vos bombes”, “Peace” “Vive la vie”. Ma anche “faites les frites , non la guerre”.

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