Mondo

Regeni, uccisi cinque «sequestratori di stranieri».…

  • Abbonati
  • Accedi
l’omicidio del ricercatore italiano

Regeni, uccisi cinque «sequestratori di stranieri». Pignatone: dal Cairo elementi non idonei per fare chiarezza

I documenti di Giulio Regeni ritrovati dalla polizia egiziana
I documenti di Giulio Regeni ritrovati dalla polizia egiziana

La forze di sicurezza egiziane hanno ucciso al Cairo cinque criminali considerati «sequestratori di stranieri» e che, secondo alcuni media egiziani, erano sospettati di un legame con la tortura e la morte di Giulio Regeni. Il ministero dell’Interno non ha confermato né smentito il nesso, che viene tuttavia escluso da altri media autorevoli. Il ministero dell’Interno egiziano ha diffuso una nota per annunciare che le forze di sicurezza hanno ucciso alla periferia est del Cairo i componenti di una banda di criminali che, camuffati da poliziotti, “sequestravano” stranieri per derubarli. «Al momento dell’arresto», tentato nella zona della New Cairo-5th Settlement, c’è stato «uno scontro a fuoco e tutti i componenti della banda sono rimasti uccisi». Secondo fonti del quotidiano El Watan, i cinque egiziani uccisi sarebbero legati all’omicidio o almeno, a quanto scrive il sito di El Tahrir, «sospettati di essere dietro» l’uccisione del ricercatore italiano.

Invece i siti di due giornali che stanno seguendo con assiduità il caso Regeni, Al Masry Al Youm e Al Shourouk, smentiscono il legame come fa anche Al-Ahram: l’autorevole quotidiano filogovernativo però si è cautelato rivelando che si indaga per accertare se vi sia un “rapporto” tra la banda e la tortura a morte del giovane ricercatore friulano. Si è appreso inoltre che gli investigatori italiani in missione al Cairo sono stati informati dalla Polizia egiziana sull’uccisione dei cinque malviventi. Secondo le fonti di El Tahrir venivano attribuite loro più di 40 rapine e allo scontro a fuoco hanno partecipato «forze speciali, formazioni da combattimento ed elementi della sicurezza nazionale». Sono state mostrate foto di un minibus bianco con il parabrezza e il muso crivellato da oltre 30 colpi e i corpi insanguinati di due uomini all'interno.

La polizia egiziana ha successivamente ritrovato i documenti di Giulio Regeni nella casa della sorella di uno dei componenti della banda criminale che sarebbero stati coinvolti nel sequestro del giovane e che sono stati uccisi nello scontro a fuoco con le forze di sicurezza. Lo scrive il giornale al-Ahram, mentre il ministero degli Interni ha postato sulla sua pagina facebook le foto del passaporto del ricercatore trovato morto il 3 febbraio scorso e del tesserino dell’Università di Cambridge e dell’Università americana al Cairo. Secondo il ministero degli Interni, i documenti si trovavano in «una borsa rossa con sopra la bandiera italiana», insieme ad altri effetti personali appartenenti a Giulio Regeni, come la sua carta di credito e due cellulari. L’appartamento nel quale sono stati rinvenuti, situato nel governatorato di Qalyoubiya, a nord del Cairo, è di proprietà della sorella di uno dei membri della banda che, secondo le autorità, era dedita al sequestro di stranieri, il 52enne Tarek Saad. La moglie, interrogata, ha sostenuto che la borsa rossa appartiene al marito. Sia la sorella che la moglie del capo della banda di criminali indicata dalle autorità egiziane come responsabile della tortura a morte di Regeni hanno sostenuto, in una deposizione, che il giovane ricercatore friulano sarebe stato ucciso perché resisteva alla rapina.

Gli inquirenti italiani: dal Cairo elementi non idonei per fare chiarezza
Gli inquirenti italiani, però, sollevano diversi dubbi su questa “svolta” arrivata dall’Egitto. «Il caso non è affatto chiuso. Non c'è alcun elemento certo che confermi che siano stati loro», riferiscono fonti investigative, ricordando che nonostante siano passati due mesi dalla scomparsa del ricercatore, le autorità italiane sono ancora in attesa di riceve dal Cairo alcuni documenti e atti dell'inchiesta egiziana, ritenuti fondamentali.

Nella serata di venerdì, è intervenuto a proposito anche il procuratore Giuseppe Pignatone: «La Procura di Roma ritiene che gli elementi finora comunicati dalla Procura egiziana al team di investigatori italiani presenti al Cairo non siano idonei per fare chiarezza sulla morte di Giulio Regeni e per identificare i responsabili dell'omicidio». La Procura, fa sapere ancora Pignatone, «ritiene quindi necessario che le indagini proseguano, come del resto si evince dal comunicato appena diramato dal ministero dell'Interno egiziano» e «rimane in attesa che la Procura Generale del Cairo trasmetta le informazioni e gli atti, da tempo richiesti e sollecitati, e altri che verranno richiesti al più presto in relazione a quanto prospettato ai nostri investigatori». Sempre in serata, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha twittato: «#Regeni Italia insiste: vogliamo la verità». Inoltre, fonti di Palazzo Chigi hanno espresso pieno sostegno e apprezzamento al lavoro di indagine svolto dalla procura di Roma, guidata dal dott. Pignatone, sulla dolorosa vicenda della morte di Giulio Regeni. L'Italia -proseguono le stesse fonti - non si accontenterà mai di niente di meno della verità, di tutta la verità.

© Riproduzione riservata