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Il Califfato preferisce il web tradizionale e snobba la «Darknet»

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TERRORISMO E INFORMATICA

Il Califfato preferisce il web tradizionale e snobba la «Darknet»

Gli attentati di Parigi e Bruxelles hanno riaperto una la discussione sul legame fra il terrorismo islamico e Internet. Una discussione incentrata sull'eventuale utilizzo della Rete per organizzare le esplosioni ma anche per portare avanti la famigerata propaganda jihadista. Allo stato attuale è difficile dire con certezza se alla base della cellula belga che ha organizzato le stragi ci siano anche menti informatiche che hanno contribuito alla preparazione degli attentati. Ed è altrettanto complicato comprendere quali siano le potenzialità tecnologiche degli uomini di Raqqa. Ma la pubblicazione di alcuni studi, associata alla semplice descrizione dei fatti, rende il quadro meno oscuro. Ed emerge abbastanza chiaramente che, fino ad oggi, l'esercito islamico ha mostrato un sorprendente disinteresse verso gli angoli oscuri del web, quelli dove illegalità e crimini si muovono senza lasciare traccia.

Qualche settimana fa (poco prima dei fatti di Bruxelles, ma questo non cambia le cose, ndr) è stato pubblicato uno studio sulla darknet che fa il punto su cosa succede in questa area nascosta della Rete alla quale è possibile accedere esclusivamente dopo aver installato software come Tor o I2P. Lo studio si chiama “Cryptopolitik and the Darknet” ed è firmato da Daniel Moore e Thomas Rid, professori di sicurezza informatica al King's College London. Il risultato dice con chiarezza che i terroristi islamici sono disinteressati al web nascosto. Nei meandri del web (sono stati analizzati oltre trecentomila casi), i settori più in auge sono altri: dalla droga alla pedopornografia, fino ai farmaci illegali e alle armi. Mentre solo una manciata di volte è emersa qualche attività riconducibile in qualche modo all'Is, che evidentemente non ritiene necessario scendere negli inferi del web più nascosto. Moore e Rid hanno spiegato questo disinteresse in modo abbastanza semplice: oggi l'esercito islamico utilizza il web per far propaganda, per sedurre potenziali foreign fighters e per rivendicare gli attentati.

Per far questo non ha bisogno di mezzi e strumenti informatici troppo sofisticati. Anzi, è proprio il web di superficie, quello su cui navighiamo ogni giorno, a rendere il processo più semplice. Perché è proprio sui siti che clicchiamo frequentemente, nelle ricerche più semplici, che è possibile raggiungere un pubblico più ampio. La comunicazione del Califfato è spesso passata attraverso account Twitter e video su YouTube, mentre le chat fra soldati hanno trovato spazio (per stessa ammissione della società, che si sta impegnando a bloccare ogni tipo di propaganda) sulla rete sicura di Telegram. E quando c'è bisogno di telefonarsi, i terroristi non riescono fare a meno del Nokia 105, un telefonino da 25 euro, senza connessioni alla Rete, che dopo l'utilizzo viene distrutto e gettato via. Si tratta, dunque, di mezzi a portata di chiunque. Tuttavia, come ha sottolineato Pierluigi Paganini su http://securityaffairs.co, «questo non significa che i terroristi non usino il web nascosto, poiché più volte è emerso che i militanti di gruppi come l'Is utilizzano Tor comunemente per rendere anonima la navigazione su Internet».

Disinteressati ma non incapaci, insomma. Anche se quello sulle reali potenzialità informatiche dell'esercito di Raqqa è argomento assai spinoso. Per ora l'unica certezza sta nei fatti. Gli attentati di Parigi e Bruxelles hanno confermato che ci si trova davanti a cellule terroristiche che agiscono attraverso kamikaze e agguati kalashnikov in spalla. Mentre online sono bravissimi nella propaganda e nel rendere virali i loro messaggi. La breve e sanguinaria storia di questo impero del terrore, dal punto di vista informatico per ora ci dice che la sua forza non è il mezzo, ma il contenuto. Perché in fondo, se fosse il mezzo, forse staremmo qui a scrivere di attacchi informatici letali ai sistemi bancari, energetici, sanitari e ferroviari di mezza Europa. E non solo di kamikaze.

twitter: @biagiosimonetta

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