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«Ci fermeremo solo davanti alla verità»

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Medio Oriente

«Ci fermeremo solo davanti alla verità»

  • –Marco Ludovico

«Ci fermeremo solo quando troveremo la verità, quella vera e non di comodo». Da Chicago il presidente del consiglio, Matteo Renzi, è esplicito: «Il dolore della famiglia Regeni è quello di tutta l’Italia, noi siamo con il cuore, la mente e le azioni concrete a sostegno della famiglia e lo abbiamo detto in tutte le sedi pubbliche, istituzionali e private». Renzi, insomma, fa suo il grido di dolore lanciato martedì dai genitori del ricercatore ucciso in Egitto e lo riconosce come un impegno di governo, politico e istituzionale. I passaggi concreti di questa posizione, però, sono da misurare.

L’ipotesi di uno strappo diplomatico con il governo del Cairo va considerata per ora con molta prudenza. Lo stesso presidente del Consiglio, infatti, aggiunge: «La vicenda è molto complicata, è seguita dal procuratore Pignatone, uno dei più importanti e autorevoli magistrati in Italia insieme agli inquirenti delle forze dell’ordine. Speriamo si possa finalmente trovare il colpevole o il colpevoli. Non restituiremo Giulio alla famiglia - sottolinea il premier - ma onore all’Italia, all’Egitto e a chi sta soffrendo. C’è il massimo impegno e sforzo affinché i magistrati italiani possano avere accesso a tutte le carte. Siamo impegnati perché ciò accada senza alcun tentennamento».

Proprio il passaggio non ostile sull’Egitto, nella dichiarazione di Renzi, fa immaginare che in questa fase l’azione politica di palazzo Chigi è tutta concentrata sulle pressioni nei confronti delle autorità del Cairo affinché ci sia la massima collaborazione tra l’azione inquirente italiane e quella egiziana. Una cooperazione giudiziaria non di facciata: a questo punto Roma chiede con urgenza risultati d’indagine accertati e riscontrati; qualunque incertezza o sfumatura di troppo, da parte del Cairo, diventerebbe intollerabile per l’Italia. Finora la collaborazione c’è stata poco, a singhiozzo e a fasi alterne. Con numerosi segnali a dir poco inquietanti, in certi momenti, alcuni non riconducibili sulla carta alle autorità ufficiali del Cairo, ma comunque irritanti e sgradevoli, come minimo, per l’Italia. L’ultimo in ordine di tempo, recapitato in una lettera anonima all’ambasciata italiana del Cairo, è «che Regeni potesse essere implicato in un traffico di reperti» come ha ricordato ieri Giacomo Stucchi (Lega Nord).

È «assolutamente un’altra bufala che offende la sua memoria» ha sottolineato il presidente del Copasir (il comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica) al termine dell’audizione del direttore dell’Aise (il servizio segreto estero) Alberto Manenti. Nel corso della riunione del Copasir, ha aggiunto Stucchi, sono state fatte alcune valutazioni in vista dell’incontro tra investigatori egiziani e italiani fissato a Roma per il 5 aprile: sarà importante, a suo avviso, «per capire e per verificare il livello di collaborazione sul piano investigativo». N ell’audizione è emerso che ora l’Aise, su Regeni, prima di nuove ricerche informative, attende tutti gli scambi annunciati tra le autorità giudiziarie di Roma e Il Cairo. Quando il 3 febbraio fu ritrovato al Cairo il corpo senza vita di Giulio Regeni, la collaborazione dei servizi egiziano con la nostra intelligence fu pari a zero. Poi, circa un mese fa, una delegazione dell’intelligence del Cairo ha fatto visita a Forte Braschi, sede del servizio estero. I ntanto la Procura generale egiziana ha annunciato di aver creato una «squadra d’inchiesta» per coordinare le Procure coinvolte nelle indagini «vista la diversità dello spazio geografico dove sono state rinvenute le prove durante le indagini sulla morte di Regeni» dice un comunicato «per proseguire le inchieste sull’omicidio al fine di giungere alla verità».

marco.ludovico@ilsole24ore.com

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