Rumor di sciabole a Istanbul subito smentite. L'esercito turco ha smentito oggi in modo categorico qualsiasi progetto di golpe contro il presidente filo islamico moderato Recep Tayyip Erdogan, riferito da media stranieri. «Disciplina, obbedienza incondizionata e una sola linea di comando sono la base delle forze armate turche», si legge in un comunicato dello Stato maggiore delle forze armate pubblicato sul suo internet, in cui vengono annunciate azioni legali contro accuse «infondate». La precisazione è alquanto insolita e fa salire la tensione tra le forze politiche in un momento molto delicato del Paese sul Bosforo teatro di una serie di gravi attentati e da una recrudescenza della lotta ai miliziani curdi del Pkk.
Ultimo nella lunga scia di attacchi sanguinosi quello che ha provocato la morte di almeno sei poliziotti turchi a causa di un’esplosione a Diyarbakir, nella Turchia sudorientale, a maggioranza curda. Lo riferisce il sito web del giornale filo-governativo turco Sabah. L'esplosione, nei pressi di un terminal dei bus, è stata provocata da un'autobomba. La deflagrazione, stando a fonti della sicurezza citate dal giornale, ha colpito un mezzo con a bordo uomini delle forze speciali. I feriti sarebbero 27, compresi alcuni civili.
Ma torniamo al comunicato di smentita dell’esercito turco: nella nota non vengono indicati i media presi di mira, ma il 24 marzo scorso la rivista americana Newsweek ha pubblicato un articolo dell'ex funzionario della Difesa Usa, Michael Rubin, intitolato «Ci sarà un golpe in Turchia contro Erdogan?».
Il comunicato è stato diffuso nel giorno in cui il capo di Stato maggiore è negli Stati Uniti al fianco di Erdogan, che oggi e domani partecipa al vertice sul nucleare in programma a Washington. Il presidente Barack Obama non incontrerà direttamente il capo dello Stato Erdogan che verrà ricevuto dal vice presidente ameircano Joe Biden.
In Turchia - le cui forze armate sono le più numerose nella Nato dopo quelle americane - le nomine alle alte cariche della Difesa sono seguite con grande attenzione. Infatti i militari, che hanno già preso il potere con tre golpe nel 1960, 1971 e 1980 (cui va aggiunto un intervento denominato «golpe post-moderno» nel 1997 che costrinse alle dimissioni il Governo Erbakan di ispirazione filoislamica e maestro di Erdogan) si considerano i guardiani del principio di laicità del fondatore della Turchia moderna Ataturk e godono di un grosso sostegno presso l'opinione pubblica.
Nel 2008 si era sfiorata una grave crisi istituzionale quando i militari avevano diramato un comunicato (il cosiddetto e-coup o colpo di stato via internet) nel quale si metteva in guardia il premier dell'Akp Tayyip Erdogan sulla difesa della laicità nell'elezione del nuovo capo dello Stato.
Ma Erdogan aveva sciolto il Parlamento e guadagnato il 47,6% dei voti e condotto Abdullah Gul, l'ex ministro degli Esteri, alla nomina presidenziale nonostante l’opposizione dei militari. Da quel momento l’esercito ha perso gradualmente potere. A ridurre il loro ruolo che era stato anche l’esplosione nel 2007 del caso Ergenekon, una torbida vicenda che aveva annuanciato la scoperta di una rete clandestina ultranazionalista tipo Gladio accusata di ordire un colpo di stato contro il governo Erdogan.
Il caso giudiziario portò 235 fra generali in pensione, presunte spie, editori, giornalisti, avvocati, imprenditori, rettori e killer di professione in un tritacarne giudiziario che, secondo Deniz Baykal, l’allora leader del partito socialdemocratico Chp, il maggior partito d'opposizione, si sarebbe trasformata in «un golpe politico», una caccia alle streghe diretta contro gli esponenti più rappresentativi del fronte laico. Alla fine le accuse caddero ma nel frattempo i massimi vertici dell’esercito erano stati tutti rimossi.
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