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Giappone: ritrovati i resti dell’«ultimo missionario» italiano, Sidotti

TOKYO – C'e' la ragionevole certezza che le ossa rinvenute nell'estate 2014 durante lavori di costruzione nella zona di Tokyo che ospitò la “prigione dei cristiani” siano dell' “ultimo missionario” recatosi in Giappone nel periodo del “sakoku” (chiusura ermetica al resto del mondo): l'abate siciliano Giovanni Battista Sidotti. Lo hanno annunciato oggi le autorita' giapponesi – in testa il sindaco del quartiere di Bunkyo-ku, Hirobu Narisawa - al termine di approfonditi studi effettuati da un team multidisciplinare di esperti guidato dal laboratorio del Museo Nazionale di Scienza e Tecnologia. Mettendo a confronto risultanze documentali e analisi del Dna (che escludono si tratti di un giapponese e indicano invece la provenienza da quello che ‘ stato indicato come un “ceppo toscano”), gli esperti dichiarano che si ha la quasi-certezza assoluta che i resti non possano che essere quelli del missionario nato a Palermo, giunto in Giappone nel 1708 e lasciato morire di stenti a 46 anni (1715) dopo un inasprimento del regime di reclusione seguito alla scoperta che aveva tentato di convertire la coppia dei suoi guardiani. Il cristianesimo era stato bandito un secolo prima, nel quadro delle maggiori persecuzioni mai avvenute dopo quelle dell'epoca romana. Il nuovo regime shogunale aveva anzi deciso di proibire a tutti gli stranieri di recarsi nel Paese e a tutti giapponesi di andare all'estero, pena la morte.

GLI ANTECEDENTI
Quasi esattamente a 300 anni dalla morte del Sidotti, nella zona del Kirishitan Yashiki (residenza-prigione dei cristiani) a Myogadani (non distante da Ikebukuro, a Tokyo), nel giugno di due anni fa erano state scoperte tre tombe con ossa umane. Cio' non porto' alla interruzione dei lavori di costruzione di una ampia struttura residenziale (contestata da vari abitanti della zona), ma quanto rinvenuto fu accuratamente catalogato e poi analizzato. Nel convegno promosso dall'Istituto Italiano di cultura di Tokyo nel dicembre 2014 gia' erano emersi elementi che facevano ben sperare. Alcuni abitanti della zona (dove esiste un ceppo commemorativo della Kirishitan Yashiki) avevano portato varie foto di elementi rinvenuti nelle tombe. “Il Sole-24 Ore” aveva poi parlato diffusamente della vicenda. Le tombe oggi non esistono piu': sopra di esse si erge il palazzo, ora completato.

SIDOTTI SARÀ BEATO?
Negli ambienti ecclesiastici di Tokyo si sta pensando di istituire una commissione di studio per promuovere eventualmente la beatificazione del Sidotti. Del resto, per la cristianita' giapponese si tratta di un momento importante: il Vaticano ha da poco concluso la procedura per la beatificazione del primo samurai giapponese, Takayama Ukon. Si dovra' poi decidere dove portare i resti dell'abate siciliano per la venerazione. E' anche probabile che la sua citta' natale, Palermo, possa “rivendicarne” una parte. “Si tratta di un evento particolarmente significativo, che cade nel 150mo anniversario dell'istituzione delle relazioni bilaterali tra Italia e Giappone – ha commentato l'ambasciatore Domenico Giorgi - . Ci ricorda che l'incontro tra italiani e giapponesi ha radici ancora piu' profonde. Molti padri italiani, soprattutto Gesuiti, hanno avuto un ruolo centrale nell'incontro tra Occidente e Giappone a fine Cinquecento e furono tra i protagonisti della storia del Giappone di quel periodo, il cosiddetto “secolo cristiano” che precede la ‘chiusura' del Giappone. Questa scoperta, tra l'alro, puo' dare nuovo impulso alla ricerca storica”. Nell'occasione, il professore padre Toshiaki Koso, Chancellor della Sophia University di Tokyo, ha parlato del ruolo storico del cristianesimo in Giappone. Per inciso, Sidotti non fu un gesuita (contrariamente a quanto riferisce Wikipedia) ma membro del clero regolare.

L'IMPORTANZA STORICA DI SIDOTTI
La missione di Sidotti era quasi suicida e destinata al fallimento. Ma la sua figura ha una grande rilevanza storica. Fu infatti interrogato da un insigne studioso confuciano e consigliere dello shogun, Arai Hakuseki, che lasciò resoconti molto interessanti dei loro dialoghi. Grazie a questo incontro tra rappresentanti di due mondi diversi, Sidotti e' entrato nella storia culturale delle relazioni tra Occidente e Oriente. A meta' Ottocento furono ritrovati i manoscritti di Arai, che grazie all'interlocutore siciliano si convinse tra l'altro della superiorita' tecnica e scientifica dell'Occidente (fornendo una base teorica alla necessita' di aprire il Paese ai contatti con l'esterno, come poi avvenne).

In passato la comunità cattolica giapponese non ha preso iniziative per “valorizzare” l'area del Kirishitan Yashiki, forse anche perche' si trascina dietro non pochi imbarazzi: li' vissero anche alcuni padri che abiurarono sotto tortura, l'ultimo dei quali (morto poco piu' di 20 anni prima dell'arrivo del Sidotti) fu il gesuita Giuseppe Chiara (che fu cremato, quindi e' da escludere che i resti rinvenuti possa essere I suoi). Alla vicenda di Chiara si ispira l'ultimo film di Martin Scorsese tratto dal romanzo di Shusaku Endo “Silenzio” (con production design di Dante Ferretti e set decoration di Francesca Lo Schiavo). Arai, esponente di punta del razionalismo confuciano divenne un ammiratore dello straniero per le sue conoscenze scientifiche (specialmente in astronomia e geografia) e delle sue stesse capacita' dialettiche, ma affermava di trovare incomprensibili le sue affermazioni sulla religione del trascendente e del Cristo. Ad ogni modo, Arai potè scrivere il Seiyo Kibun (”Cose udite dell'Occidente”) e nel successivo Sairan Igen (”Raccolta di discorsi non comuni”), che – come sottolinea il porf. Aldo Tollini – “divennero i primi trattati di geografia del Giappone e inaugurarono una scienza nuova influenzando molti studi successivi”.

Partito con l'intenzione di riaccendere la fede cristiana in Giappone, Sidotti fini' insomma per diventare soprattutto un trasmettitore di cultura. Oltre che, per molti, un martire lasciato morire di stenti in una fredda, stretta e buia fossa. Il rinvenimento delle sue ossa potrebbe dunque rilanciare la prospettiva di una sua beatificazione. “Speriamo che il Papa venga in Giappone per la beatificazione di Takayama Ukon – afferma Padre Mario Canducci, frate francescano da 52 anni in Giappone – In tal caso, il Santo Padre potrebbe venerare assieme alla comunita' dei fedeli e i vescovi giapponesi le reliquie di questo grande italiano”.

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