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Italia, gettito pesante sulle imprese

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Europa

Italia, gettito pesante sulle imprese

  • –Chiara Bussi

Cinquanta miliardi e 268 milioni. Tanto vale l’assegno versato nel 2015 dalle imprese italiane alle casse dello Stato. Una fetta pari all’11,5% del totale delle entrate tributarie, il livello più alto tra i big europei e quasi la stessa percentuale della piccola Irlanda (10,8%), polo di attrazione delle multinazionali, che però ha un gettito di 5 miliardi. Lo rivelano le elaborazioni effettuate da Kmpg sui bilanci statali, che hanno messo a confronto gli incassi derivanti dalle imposte societarie in nove Paesi.

Nel 2015 in Italia le aziende hanno sborsato 33 miliardi sotto forma di Ires, l’imposta sul reddito delle società che oggi si situa al 27,5% ma che dovrebbe ridursi al 24% dal 2017. Le società di capitali hanno inoltre pagato un ammontare stimato di 17,268 miliardi di Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Londra e Parigi vanno a braccetto, ma solo per l’incidenza delle imposte sulle imprese che rappresenta in entrambi i Paesi il 9% delle entrate totali. Le affinità, però, si fermano qui. Come valore assoluto primeggia la Francia dove le aziende hanno versato nel 2014 - ultimo dato disponibile - ben 58 miliardi. Oltralpe la corporate tax nominale si attesta al 33,33%, mentre quella totale, calcolata dalla Banca Mondiale, è pari al 62,7 %, poco sotto il livello italiano del 64,8 per cento. Esistono però aliquote diverse a seconda delle dimensioni delle aziende. La «Loi des Finances 2016» punta inoltre a far tirare un sospiro di sollievo alle società transalpine con una riduzione del prelievo di 9 miliardi.

La Gran Bretagna ha una corporate tax nominale al 20%, tredici punti al di sotto di quella francese, e una effettiva del 25,9 per cento. La percentuale di gettito delle imprese rispetto al totale è però la stessa. Non solo. Se l’aliquota di Parigi è ferma dal 2006, quella d’Oltremanica è oggi 10 punti più bassa rispetto al 2008 e scenderà al 17% nel 2020 (si veda a pagina 3). Nonostante i continui ritocchi all’ingiù dell’aliquota l’incidenza delle imposte societarie sul totale delle entrate è rimasta stabile tra il 9 e il 10 per cento, con buona pace delle casse dello Stato, ma anche delle imprese che hanno beneficiato di una tassazione più favorevole. Come si spiega questo fenomeno? «Oltre all’aliquota fiscale - precisa Richard Murphy, partner Kpmg responsabile dei servizi Tax and Legal - la base imponibile e il numero di imprese attive contribuiscono a determinare il gettito fiscale da imposte societarie. Questi due aspetti spiegano il maggior gettito dei Paesi più grandi. A favorire l’aumento della base imponibile è stato anche il recepimento dell’accordo Beps (Base erosion and profit shift) approvato dai paesi Ocse lo scorso ottobre, che punta a contrastare fenomeni di elusione fiscale da parte delle multinazionali e di cui il governo britannico è stato uno dei promotori». Secondo Murphy, «Londra non solo è riuscita a creare un habitat favorevole per le imprese, con una pubblica amministrazione e un sistema fiscale in grado di dialogare con loro, ma ha dimostrato un’ottima capacità di comunicazione per diventare più attrattiva. Una lezione che l’Italia, in vista della riduzione dell’Ires, sta già iniziando a imparare. L’introduzione del patent box è stato un provvedimento molto apprezzato per incoraggiare gli investimenti in Ricerca e Sviluppo e attirare i capitali esteri».

In Spagna il “sacrificio” fiscale delle imprese vale 16,8 miliardi, pari all’8,4% del totale delle entrate tributarie. Negli anni bui della crisi anche Madrid ha calato l’asso della riduzione della corporate tax per diventare più attrattiva. L’aliquota nominale era il 30% nel 2008, è stata portata al 28% nel 2015 e dallo scorso 1° gennaio è scattata un’ulteriore riduzione al 25 per cento. L’ultimo dato della Banca mondiale mostra invece un total tax rate del 50 per cento. In Germania l’imposta societaria nominale si attesta oggi al 29,65% ed è stabile dal 2008. Nel dettaglio si applica una tassa sul reddito delle società del 15%, un contributo di solidarietà dello 0,825% e una tassa sul commercio che varia dal 7 al 17,15% a seconda dei Länder. La grande sforbiciata risale al 2007, quando il fisco costava alle imprese tedesche il 38% del reddito. Berlino primeggia per il gettito fiscale complessivo, pari a 665 miliardi: le imprese - secondo l’ultima fotografia ufficiale scattata nel 2014 - contribuiscono a questo tesoretto con 44,3 miliardi, il 6,6% del totale.

Tra i Paesi di minori dimensioni si mette in luce proprio l’Irlanda, che da anni esibisce l’aliquota del 12,5% come il gioiello di famiglia più prezioso ed è diventata un polo di attrazione per le multinazionali. In Svezia secondo l’ultimo dato disponibile le imprese hanno contribuito alle casse dello Stato per 11,5 miliardi, pari al 6,7% delle entrate totali. Anche Stoccolma ha utilizzato la leva del fisco per incoraggiare gli investimenti portando la corporate tax nominale dal 26,3 al 22% nel 2013, mentre quella reale si attesta oggi al 49,1 per cento. L’incidenza è alta (11%) anche in Portogallo: il Paese ha ridotto l’aliquota dal 25 al 23% nel 2014 per arrivare al 21% nel 2015 per tentare la risalita della sua economia dopo il piano di salvataggio da 78 miliardi targato Ue e Fmi, concluso nel maggio 2014. Il provvedimento sta dunque portando i primi frutti attirando nuove imprese.

Atene è andata nella direzione opposta e dal 2012 al 2015 ha alzato l’aliquota di ben 9 punti per arrivare al 29 per cento. Qui il gettito delle società rappresenta il 7% delle entrate totali, ma solo l’1,3 del Prodotto interno lordo. Negli altri Paesi la percentuale si situa invece tra il 2,4 il 2,7%, con la sola eccezione del Portogallo, dove le imposte societarie valgono il 3,5% del Pil.

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