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I PANAMA PAPERS

Conti segreti dei big a Panama: Putin e Xi sotto accusa. «Coinvolte 28 banche tedesche»

Al Cremlino sapevano che c'era una tempesta in arrivo. A fine marzo Dmitrij Peskov, portavoce di Vladimir Putin, aveva anticipato l'attacco al presidente russo, la pubblicazione dell'«ennesima falsità che finge di essere obiettiva» aveva detto, da parte della stampa internazionale: da anni alla caccia delle prove che possano inchiodare Putin e la sua cerchia di amici, e le fortune accumulate da tutti loro, negli anni, all'estero. Ora quella che Edward Snowden - l'ex contractor che espose i segreti della National Security Agency americana - definisce su Twitter «la più gigantesca soffiata nella storia del giornalismo», è venuta a galla. Una quantità di informazioni mai vista prima, provenienti dal database del quarto fornitore al mondo di servizi offshore. Così i ricchi e i potenti nascondono le loro fortune nei paradisi fiscali del pianeta.

L'hanno già battezzata Panama Papers, ed è Panama la sede di uno dei più misteriosi studi legali del mondo, la Mossack Fonseca: impegnata nella registrazione di società in giurisdizioni offshore, nell'amministrazione di società offshore e nella gestione di patrimoni. Se il nome di Putin non appare in alcun caso, gli 11 milioni di documenti top secret rivelati dal “leak” conducono agli uomini più vicini al presidente russo, beneficiari delle commesse che li hanno resi ricchi. Primo tra tutti Serghej Roldugin: musicista, padrino della figlia del presidente russo Maria, e tessitore di uno schema di riciclaggio clandestino del valore di 2 miliardi di dollari.

La reazione del Cremlino non si è fatta attendere. Gli autori di queste inchieste «inventano ciò che scrivono», ha accusato il portavoce Dmitrij Peskov, secondo il quale tutto queste “montature” si spiegano con l'alto livello di “putinofobia” raggiunto fuori dalla Russia. Secondo Peskov non c'è dubbio che, sebbene altri leader mondiali siano stati coinvolti nello scoop, il «vero obiettivo» fosse Putin. «A Mosca - ha proseguito Peskov - sappiamo bene chi fa parte di questa cosiddetta comunità giornalistica, ci sono molto giornalisti la cui occupazione principale non è il giornalismo, ci sono molti ex rappresentanti del dipartimento di Stato, Cia e altri servizi speciali».

Ma non riguarda soltanto la Russia l'inchiesta condotta per un anno dai giornalisti dell'International Consortium of Investigative Journalism (Icij) e dal quotidiano Sueddeutsche Zeitung, secondo il quale diverse migliaia di tedeschi hanno fatto ricorso allo studio legale di Panama. Almeno ventotto le banche tedesche che avrebbero fatto ricorso allo studio Mossack Fonseca per i loro clienti.

Mossack Fonseca, proverebbero i documenti, avrebbe aiutato i propri clienti a riciclare denaro, schivare sanzioni, evadere il fisco. Impunita, si direbbe, nei suoi 40 anni di attività. Il presidente russo è in compagnia di 72 capi di Stato, in carica o ex leader, dittatori inclusi. Secondo l'Espresso, che rappresenta l'Italia nel consorzio Icij, dalle carte emergerebbe anche il nome di Luca di Montezemolo - che smentisce - e di altri imprenditori, professionisti, personaggi dello spettacolo italiani (sarebbero in tutto circa 800 i clienti italiani dello studio legale panamense).

Tra i nomi, quelli del padre del premier britannico David Cameron, il re saudita Salman, i familiari del presidente cinese Xi Jinping, il calciatore Lionel Messi. E poi il primo ministro islandese Sigmundur Gunnlaugsson e la moglie, che avrebbero nascosto interessi (milioni di dollari di investimenti) nelle banche sostenute da Rejkyavik in operazioni di bail-out. Ironia della sorte, al nome di Putin qui si accosta anche quello del presidente ucraino Petro Poroshenko. Vengono alla luce società offshore legate all'ex presidente egiziano Hosni Mubarak, al presidente siriano Bashar al-Assad, a Muammar Gheddafi. Gerard Ryle, direttore dell'Icij, è d'accordo con Snowden: “Penso che le dimensioni della documentazione assesteranno al mondo offshore il colpo più duro che abbia mai ricevuto”.

Il coinvolgimento russo è quello che fa più scalpore: i Panama Papers, pubblicati online domenica sera, portano a galla una rete di transazioni che partono da Bank Rossija - guidata da uno stretto alleato di Putin, Jurij Kovalchuk, e posta sotto sanzioni dopo l'annessione della Crimea da Stati Uniti e Unione Europea - per infiltrarsi in diversi Paesi, tra cui Svizzera o Cipro e appunto Panama. Dopo essersi dispersi nei rivoli di una complicata serie di accordi finanziari offshore, i fondi sarebbero rientrati in Russia, naturalmente nelle tasche degli associati del presidente. E al violoncellista Roldugin farebbero capo due delle società offshore chiamate in causa, considerate però uno schermo «costituito principalmente per proteggere l'identità del proprietario principale della compagnia». Come scrive il britannico Guardian, «i documenti sembrano suggerire che la famiglia di Putin abbia beneficiato di questi soldi: è lui a spendere le fortune dei suoi amici». A conferma delle supposizioni che da anni affermano che il presidente russo gestisce le proprie fortune tramite terzi - gli amici a cui ha consegnato il meglio dell'industria e delle ricchezze energetiche russe.

Pubblicate domenica sera, le rivelazioni dei Panama Papers hanno provocato un terremoto in Islanda, dove Gunnlaugsson sta già affrontando la richiesta di dimissioni malgrado affermi di non aver violato alcuna regola. Più difficile immaginare un impatto simile a Mosca, dove il portavoce Peskov ha già chiarito che la Russia dispone dei «mezzi legali» per difendere «la dignità e l'onore» di Putin. Mossack Fonseca, intanto, risponde alla pubblicazione dei Panama Papers affermando di aver sempre rispettato i protocolli internazionali per assicurarsi che le compagnie registrate non vengano utilizzate per evasione fiscale, riciclaggio o finanziamento del terrorismo.

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