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la barriera al brennero

Quanto può costare all’interscambio Italia-Austria la barriera del Brennero

Che succede se l'Austria chiude i confini al Brennero? Due sono i rischi: il primo è che si formi come a Idomeni, al confine greco macedone, un campo di migranti spontaneo, migranti che resterebbero intrappolati dal blocco austriaco in Italia senza però nemmeno la rete di protezione di un accordo europeo per il rimpatrio forzoso in Libia o nei paesi di origine dei migranti, così come stabilito per la via balcanica. L'ipotesi è stata sollevata dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, un quotidiano conservatore tedesco, qualche giorno fa. Il secondo rischio dell'accordo è che si provochi un danno di 170 milioni di euro per i ritardi nel passaggio alle frontiere delle merci.

Ma andiamo con ordine e affrontiamo in dettaglio il primo tema. L'atteggiamento dell'Italia nella politica sui profughi è segnata da «autocompiacimento» e «ambiguità», ha scritto Tobias Piller, in un duro editoriale pubblicato sulla tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung, sostenendo che la gestione dei migranti «nel lungo periodo diventerà più difficile se i problemi potranno ancora esser coperti con la retorica della vanità». «Con i controlli sulla frontiera austriaco-italiana - si legge - adesso molta dell'ambiguità e dell'ipocrisia della politica sui profughi di Roma potrebbe diventare evidente». C'è da aspettarsi che il governo farà i suoi appelli alla tutela delle frontiere aperte di Schengen, ma stando a questa lettura «i governanti degli anni scorsi del paese devono piuttosto chiedersi se, col loro atteggiamento, non abbiano minato lo spirito europeo e i trattati, che adesso evocano», in materia. «Finora gli italiani nella politica sui rifugiati si sono innanzitutto auto-lodati», scrive Piller. L'immagine del Paese che ha salvato più profughi degli altri, però, e i grafici che mostrano come il denso flusso di migranti s'interrompa con l'apertura della rotta balcanica «ha poco a che fare con la realtà».

Se è vero infatti, concede, che a lungo i profughi in viaggio su imbarcazioni precarie sono stati salvati dall'Italia, «della maggior parte di coloro che sono arrivati si sono poi perse le tracce». L'Italia si fa scudo sostenendo che i profughi «vogliano andare avanti verso il nord». Vero, ma sulla presenza dei profughi nella penisola però «non ci sono dati chiari». Stime attuali di Roma annunciano 3.000 profughi al giorno in primavera verso l'Austria: «Se il flusso dovesse ristagnare al Brennero si creerebbe nel centro dell'Europa una situazione come quella di Idomeni. A meno che gli italiani non si attivino nella politica di accoglienza e integrazione. Più probabile è che Roma chieda un'immediata modifica dell'accordo di Dublino». «Gli italiani temono uno scenario nel quale il loro Paese si riempie di profughi, senza che il resto d'Europa sia obbligato ad aiutare». «Ma - chiede il giornale conservatore - è ammissibile chiedere solidarietà dopo che negli anni, richiamandosi a Dublino, l'Italia è stata a guardare, in modo non solidale, come flussi di profughi andavano in Germania?».

E ora la Merkel ha detto basta al flusso incessante di profughi, perché teme che la popolazione tedesca non si più in grado di reggere l'onda d'urto di una migrazione così massiccia in uno spazio temporale così breve. L'accordo con la Turchia per il rimpatrio dei migranti che sbarcano nelle isole greche sta lentamente funzionando, tra mille perplessità delle Ong e dell'agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite sulla tutela dei diritti umani, ma questo inevitabilmente sposta la pressione sulle coste italiane o attraverso la Libia o l'Albania.

Le questioni economiche
Ma c'è anche un ulteriore problema economico dal blocco austriaco. La decisione dell'Austria di ripristinare controlli alla frontiera con l'Italia mette a rischio 140 miliardi di euro l'anno di interscambio commerciale del nostro Paese, che avviene attraverso i valichi stradali con l'Austria. È quanto ha denunciato un'elaborazione dell'Osservatorio Conftrasporto-Confcommercio sui Trasporti e la Logistica, in collaborazione con l'Isfort. Ogni ora spesa in più dai camion impegnati in questi traffici a causa dell'abbandono della libera circolazione delle merci all'interno dell'Ue, cioè della messa in soffitta del Trattato di Schengen e la conseguente reintroduzione di controlli doganali ai confini, genera un danno commerciale immediato per le imprese dell'autotrasporto in termini di maggiori costi di gestione dei mezzi e dei conducenti superiore ai 170 milioni all'anno.
«Un rischio - afferma il Presidente di Conftrasporto e Vice Presidente di Confcommercio, Paolo Uggè - che va scongiurato al più presto. In gioco, oltre al danno per la filiera logistica e per tutta l'economia nazionale, c'è anche la stessa essenza della politica europea dei trasporti all'interno del più generale Disegno Europeo. Per questo Conftrasporto ha proposto l'introduzione di un sistema di trasmissione preventiva dei dati del trasporto per le imprese extra comunitarie, con contestuale attivazione di un corridoio di libero scambio per tutti i vettori europei. Questa misura, se adottata, consentirebbe di rispondere con efficacia alle esigenze della sicurezza preservando il valore dell'Area di libero scambio europea».

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