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Se la fragile ripresa dell’economia si ferma al valico

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Se la fragile ripresa dell’economia si ferma al valico

  • –di Roberta Miraglia

Alla crisi convulsa dei migranti che da un anno tormenta l’Unione mancava un luogo da eleggere a simbolo del declino dell’idea di Europa aperta e umanitaria voluta dai padri fondatori.

Quel posto potrebbe essere il valico alpino del Brennero se davvero l’Austria deciderà di introdurre a fine maggio «controlli estremamente restrittivi» alla frontiera con l’Italia, come la costruzione della barriera iniziata ieri sembra purtroppo presagire.

È al Brennero che rischia di calare il sipario su Schengen perché ripristinando il confine e sospendendo lo spazio di libera circolazione, non soltanto verrà inferta «un’altra grave ferita alla solidarietà europea» per usare le parole di Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei. La decisione avrà anche un forte impatto economico negativo nel delicato momento in cui la tanto attesa ripresa dell’Eurozona si dimostra fragile, incerta e sensibile al minimo sussulto geostrategico.

Al valico tra Italia e Austria passa il corridoio alpino su cui pesa maggiormente il traffico di transito; un asse portante dell’interscambio di merci del Continente; un ponte fondamentale fra il nostro paese e la Germania, primo partner commerciale con 108 miliardi di export e import nel 2015. Scambi che hanno registrato un aumento l’anno scorso, nonostante la non brillante economia globale. In tutto sfiora i 140 miliardi di euro l’interscambio commerciale del nostro paese che avviene attraverso i valichi stradali con l’Austria (secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Conftrasporto-Confcommercio sui Trasporti e la Logistica).

«Questo è un asse che non ha subìto cali di traffico» commenta Gian Angelo Bellati, segretario generale di Unioncamere Veneto ed Eurosportello Veneto. Un asse che collega il Sud dell’Italia al Nord Europa, raccordandosi, a Berlino, con i corridoi che si snodano fino a Stoccolma e Oslo. «Esistono molti progetti europei per sviluppare tali vie di trasporto e valorizzare il traffico del Nord Adriatico» spiega Bellati.

La temuta svolta austriaca potrebbe vanificare questi sforzi, facendo perdere una grande occasione; metterebbe sabbia nell’ingranaggio vitale dell’export italiano come potrebbero raccontare le migliaia di imprese venete e non che in questi anni difficili hanno trovato nutrimento nella crescita tedesca, mentre tutt’intorno l’economia segnava tempesta.

«In caso di ripristino dei controlli - prosegue Bellati - il danno sarà soprattutto economico». Pure il turismo, oltre che i collegamenti per le merci, potrebbe accusare contraccolpi. La barriera, infine, «avrebbe un forte significato psicologico e culturale».

È presto per capire se Vienna metterà in atto le minacce. O se il filo spinato non rientri piuttosto in una strategia di “avvertimento” austriaco a un’Italia spesso distratta sul flusso di migranti che dopo lo sbarco sulle sue coste si riversano in Austria, quindi in Germania.

Se però il traffico si “fermerà” al Brennero, osserva Bellati, molte persone che hanno criticato l’Unione europea e la sua burocrazia «si pentiranno». Quando in Italia si dovessero sperimentare problemi di circolazione delle persone e delle merci, anche i critici di Bruxelles capiranno, forse, l’importanza di difendere lo spazio comune.

Il valico altoatesino è una prova per la Ue, una sorta di ultimo appello. La debolezza politica travolgerà l’Europa e la sua economia se i governi, invece di troverare un’intesa e gestire insieme l’inarrestabile flusso dei migranti in fuga dalle guerre, sceglieranno la miope scorciatoia di muri, filo spinato e recinti.

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