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la crisi ucraina

Nuovo governo in Ucraina: entra in scena Groysman, uomo di Poroshenko

Prima di andare via, la settimana scorsa, Arseniy Yatsenyuk si è auto-promosso a pieni voti: il suo governo, ha detto l’ex premier, «è stato il migliore nella storia dell’Ucraina». Quando ne aveva assunto la guida, esattamente due anni fa, lo aveva definito un governo “kamikaze”: perché chiamato a raccogliere gli ideali della “Rivoluzione della Dignità”, per la quale più di cento persone erano morte sul Maidan, e a riprendere in mano il Paese che aveva perso la Crimea e stava per affrontare la ribellione delle regioni separatiste orientali. Una guerra che è costata la vita a più di 9mila persone. Crisi economica, lotta alla corruzione e a un sistema di governo fondato sull’intreccio di interessi tra politici e oligarchi. Che Yatsenyuk abbia ragione a lodarsi oppure no, le sfide che restano di fronte al suo successore sono esattamente le stesse.

E al di là di un crollo nei sondaggi che lascia capire la delusione degli ucraini, non è facile leggere nel cambio della guardia sancito a Kiev la speranza che qualcosa possa cambiare. Volodymyr Groysman, fedelissimo del presidente Petro Poroshenko, prende il posto di Yatsenyuk dopo mesi di pressioni, giochi politici e mercanteggiamenti che hanno paralizzato un’Ucraina con un’economia in stagnazione, gli aiuti finanziari del Fondo monetario internazionale sospesi, il distacco delle regioni separatiste dell’Est irrisolto. «La situazione è molto difficile», ha sintetizzato Groysman, 38 anni, finora speaker del Parlamento.

Alle spalle del nuovo capo del governo, la coalizione che Poroshenko ha voluto salvare a tutti i costi per non andare a nuove elezioni ha perso diversi pezzi, e ora si appoggia solo sul Blocco del presidente e il Fronte popolare di Yatsenyuk, i due principali partiti. E se in molti, Fondo monetario compreso, hanno sottolineato l’incapacità - o la mancanza di volontà - del governo precedente di mettere in pratica i cambiamenti promessi, l’unica grande differenza in questa svolta è il legame tra Groysman e Poroshenko, che è riuscito a imporre il proprio uomo di fiducia. E ora, spiega Zenon Zawada di Concorde Capital, «avrà l’intera responsabilità per l’operato del governo, risvolto positivo perché riduce le possibilità di scaricare colpe. Ma negativo, in realtà, perché il presidente ha dimostrato finora resistenza alle riforme e disinteresse per la lotta alla corruzione». La prima delle richieste del Maidan.

Kateryna Kruk, attivista e testimone della rivolta del Maidan, ricorda su bne Intellinews come nelle ultime settimane l’immagine di Poroshenko abbia iniziato a essere paragonata a quella del predecessore, Viktor Yanukovich, fuggito in Russia. Il sospetto che l’immagine di un presidente onesto e attento al bene dell’Ucraina fosse falsa, scrive Kruk, ha avuto conferma con le dimissioni del ministro dell’Economia Aivaras Abromavicius, che in febbraio rivelò le pressioni su di lui degli ambienti vicini a Poroshenko e Yatsenyuk. «Io e la mia squadra non vogliamo fare da copertura alla corruzione», disse Abromavicius andandosene. E prima di lui se ne era andato anche Pavlo Sheremeta, rimasto pochi mesi al ministero dell’Economia: sottolineando le priorità della lotta alla corruzione e alla burocrazia, Sheremeta aveva alzato le braccia di fronte al permanere degli equilibri politici del passato, il legame tra oligarchi e governanti, la lentezza delle riforme.

Dal governo dovrebbero sparire i nomi dei ministri riformatori, compreso quello di Natalie Jareshko, ministro delle Finanze sostenuta dagli Stati Uniti. E ora per il nuovo premier, Groysman, la sfida di prendere in mano il Paese è ancor più complicata dalle novità delle ultime settimane: il nome di Poroshenko nelle liste dello scandalo Mossack Fonseca, che parlano della società offshore costituita per gestire la vendita di Roshen, il gruppo dolciario del presidente; e il “no” all’Ucraina pronunciato dagli olandesi, che il 6 aprile hanno votato in un referendum contro l’Accordo di associazione alla Ue. Un “no” di cui non sono ancora ben chiare le conseguenze, ma con un valore simbolico che certamente pesa tantissimo sugli ucraini. Soprattutto per quelli che sul Maidan hanno creduto alla loro battaglia per l’Europa, e alle rassicurazioni dei leader politici - compresi Yatsenyuk e Poroshenko - per un nuovo inizio.

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