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Weidmann difende l’autonomia della Bce

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Weidmann difende l’autonomia della Bce

Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, difende l’indipendenza della Banca centrale europea dalle pressioni dei politici tedeschi, dopo l’intervento in termini molto aspri del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble contro la politica monetaria nei giorni scorsi. Il ministro ieri è tornato sulla questione, dicendo in un’intervista all’agenzia Reuters che la politica dei bassi tassi d’interesse crea «straordinari problemi per le banche e il settore finanziario e per le pensioni in Germania».

«Non è insolito – ha detto Weidmann in un’intervista al “Financial Times” – che i politici abbiano opinioni sulla politica monetaria, ma noi siamo indipendenti. La Bce deve rispettare il suo mandato di stabilità dei prezzi e così una politica monetaria accomodante è appropriata in questo momento, indipendentemente dalle diverse visioni sulle misure specifiche». Un portavoce del ministero aveva definito «una discussione legittima» le dichiarazioni pronunciate durante il fine settimana da Schäuble, il quale si è spinto fino ad accusare il presidente della Bce, Mario Draghi, di essere corresponsabile del successo elettorale del partito anti-immigrati Alternative für Deutschland alle regionali del mese scorso. Ieri il ministro ha detto che non tutte le colpe possono essere attribuite alla Bce, ma che le riforme strutturali devono contribuire a risolvere i problemi dell’Eurozona. Le parole di Weidmann riflettono la posizione consolidata della Bundesbank, che ha sempre difeso ferocemente la propria indipendenza dalle interferenze dei politici.

Il presidente della Bundesbank ha criticato anche la discussione in Germania sui tassi d’interesse. Weidmann ha in più occasioni manifestato in consiglio e pubblicamente il suo dissenso dalle scelte della Bce, una delle quali, la più controversa in Germania, è la riduzione a zero dei tassi e addirittura sottozero per quanto riguarda i tassi sui depositi delle banche presso la Bce stessa, nel tentativo di combattere i rischi di deflazione e far risalire l’inflazione, oggi a -0,1% nell’Eurozona, lontanissima dall’obiettivo di avvicinarsi al 2 per cento. Una politica che viene definita abitualmente in Germania, dai politici e dai media, come un “sequestro” dei risparmi dei tedeschi. «Il dibattito in Germania – ha detto però Weidmann al Ft – non si concentra abbastanza sulle conseguenze più ampie della politica monetaria. Le persone non sono solo risparmiatori: sono anche lavoratori, contribuenti e debitori, e come tali traggono vantaggio dai tassi d’interesse bassi».

Weidmann non ha mancato di rilevare che a suo parere il pacchetto di misure annunciato dalla Bce a marzo avrebbe dovuto essere «meno aggressivo», come aveva sostenuto anche nella riunione di consiglio. Il capo della Banca centrale tedesca ha spesso criticato anche il cosiddetto quantitative easing, o Qe, l’acquisto di titoli pubblici da parte della Bce (e a marzo si è espresso contro l’innalzamento delle operazioni mensili da 60 a 80 miliardi), ma nell’intervista ne ha difeso le caratteristiche, in base alle quali ogni banca centrale nazionale dell’Eurozona compra il debito del proprio Paese a proprio rischio. Il programma della Bce risulta quindi «meno problematico» di altri realizzati in precedenza, in quanto non ridistribuisce il rischio fiscale nell’Eurozona, il che poteva essere considerato una forzatura del mandato della banca centrale.

Il banchiere centrale tedesco è invece decisamente contrario all’adozione di helicopter money, una sorta di distribuzione diretta di soldi dalla banca centrale ai cittadini. Definita un’ipotesi «molto interessante» da Draghi in conferenza stampa, successivamente diversi esponenti della Bce hanno smentito che se ne sia parlato in consiglio o anche informalmente. Weidmann lo definisce «uno strumento pericoloso», che offuscherebbe completamente i confini fra politica monetaria e politica fiscale. Anche la possibile abolizione delle banconote da 500 euro, allo studio da parte della Bce, vede il capo della Bundesbank «non del tutto convinto» che il finanziamento del terrorismo o della criminalità possa essere contrastato in questo modo.

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