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Microsoft contro il governo Usa: no al divieto di informare gli utenti

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Microsoft contro il governo Usa: no al divieto di informare gli utenti

Dopo la battaglia di Apple contro l'Fbi, ora è la volta di Microsoft, altro gigante tecnologico Usa, che ingaggia una battaglia contro il governo sulle questioni riguardanti la privacy e la tutela dei dati degli utenti. L'azienda fondata da Bill Gates lo fa passando all'offensiva, citando in giudizio il dipartimento di Giustizia, nella persona del ministro Loretta Lynch, e mettendo in discussione il frequente ricorso ai cosiddetti “secrecy orders”, che impediscono a Microsoft di informare i propri utenti quando la polizia o i servizi di intelligence, magari nell'ambito di indagini anti terrorismo, ottengono dai giudici l'autorizzazione a spiare le loro email.

Nel ricorso, presentato al tribunale federale di Seattle, la città dove ha sede Microsoft, l'azienda sostiene che impedirle di informare gli utenti interessati dai provvedimenti dell'autorità giudiziaria è incostituzionale. In particolare, secondo Microsoft verrebbe violato il Quarto Emendamento, vale a dire il diritto dei propri utenti di sapere se il governo sta perquisendo o sequestrando ciò che è di loro proprietà. Microsoft sostiene inoltre che vi sarebbe anche una violazione del proprio diritto a informare i propri utenti, in base al Primo Emendamento della Costituzione Usa.

Il ricorso di Microsoft, a differenza del contenzioso tra Apple e l'Fbi riguardante l'accesso ai dati contenuti nell'iPhone del killer della strage di San Bernardino, non riguarda un singolo caso. Piuttosto, l'azienda di Bill Gates vuole mettere in discussione l'intero processo legale relativo ai “secrecy orders”. L'intento di Microsoft, sottolinea il New York Times, è anche quello di innescare un dibattito pubblico sul frequente ricorso a questi strumenti segreti di indagine e di ritagliarsi un ruolo di primo piano nella battaglia a difesa della privacy e dei diritti degli utenti digitali. La ricaduta pratica del ricorso è infatti destinata ad essere rimandata nel tempo, con la possibilità che il procedimento e gli inevitabili appelli possano protrarsi per mesi, se non per anni, prima di una sentenza definitiva.

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