Mondo

Cambio della guardia a Kiev

  • Abbonati
  • Accedi
Europa

Cambio della guardia a Kiev

Prima di andare via, Arseniy Yatsenyuk si era auto-promosso a pieni voti: il suo governo, ha detto l’ex premier, «è stato il migliore nella storia dell’Ucraina». Quando ne aveva assunto la guida, due anni fa, lo aveva definito un governo “kamikaze”: perché chiamato a raccogliere gli ideali della “Rivoluzione della Dignità”, per la quale più di cento persone erano morte sul Maidan, e a riprendere in mano il Paese che aveva perso la Crimea e stava per affrontare la ribellione delle regioni separatiste orientali. Crisi economica, lotta alla corruzione e a un sistema di governo fondato sull’intreccio di interessi tra politici e oligarchi. Che Yatsenyuk abbia ragione a lodarsi oppure no, le sfide che restano di fronte al suo successore sono esattamente le stesse.

Volodymyr Groysman, fedelissimo del presidente Petro Poroshenko, ha preso ieri il posto di Yatsenyuk dopo mesi di pressioni, giochi politici e mercanteggiamenti che hanno paralizzato un’Ucraina con un’economia in stagnazione, gli aiuti finanziari del Fondo monetario sospesi, il distacco delle regioni separatiste dell’Est irrisolto. «La situazione è molto difficile», ha sintetizzato Groysman, 38 anni, finora speaker del Parlamento.

Alle sue spalle, la coalizione che Poroshenko ha voluto salvare a tutti i costi per non andare al voto ha perso diversi pezzi, e ora si appoggia solo sul Blocco del presidente e il Fronte popolare di Yatsenyuk. E se in molti hanno sottolineato l’incapacità del governo precedente di mettere in pratica i cambiamenti promessi, l’unica grande differenza in questa svolta è il legame tra Groysman e Poroshenko, che è riuscito a imporre il proprio uomo di fiducia. Ma l’immagine del presidente si sta offuscando, come spiega Zenon Zawada di Concorde Capital: «Finora ha dimostrato resistenza alle riforme e disinteresse per la lotta alla corruzione». La prima delle richieste del Maidan.

E ora per Groysman, la sfida di prendere in mano il Paese è ancor più complicata dalle novità delle ultime settimane: il nome di Poroshenko nelle liste dello scandalo Mossack Fonseca, che parlano della società offshore costituita per gestire la vendita di Roshen, il gruppo dolciario del presidente; e il “no” all’Ucraina pronunciato dagli olandesi, che il 6 aprile hanno votato in un referendum contro l’Accordo di associazione alla Ue. Un “no” di cui non sono ancora ben chiare le conseguenze, ma con un valore simbolico che certamente pesa tantissimo sugli ucraini. Soprattutto per quelli che sul Maidan hanno creduto alla loro battaglia per l’Europa, e alle rassicurazioni dei leader politici - compresi Yatsenyuk e Poroshenko - per un nuovo inizio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA