Sembra non ci possa essere un’estate in Europa senza una annessa crisi greca. Almeno questa è l’impressione che si ricava dai continui litigi che si sono svolti a Washington tra gli stessi creditori del governo greco. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha ribadito che senza la partecipazione dell’Fmi al terzo piano di salvataggio di Atene sara difficile far passare qualsiasi accordo al Bundestag perché avere il Fondo a bordo è politicamente vitale per la Germania e alcuni Paesi del Nord Europa.
«La Germania non sosterrà il piano di aiuti senza la partecipazione dell’Fmi», ha ribadito il ministro delle Finanze tedesco. D’altra parte l’accordo con Atene c’è ed è stato sottoscritto un anno fa, ora bisogna implementarlo con le necessarie riforme strutturali che faranno ripartire l’economia greca facendole riguadagnare competitività.
Il problema della contesa è in particolare il surplus primario al 3,5% del Pil, cioè al netto del costo del debito, nel 2018 e anni successivi: per Christine Lagarde, direttore generale dell’Fmi, è semplicemente irrealizzabile mantenere questo avanzo per un periodo così lungo. La Lagarde ha detto che il 3,5% può essere raggiunto per qualche «eroico» breve periodo, ed «uso il termine eroico nel suo significato letterale», ha spiegato. «Insomma siamo scettici», ha precisato,che un surplus del 3,5% possa essere mantenuto per decenni. L’Fmi chiede, invece, che si riduca il peso del debito greco, e, se non si può fare un haircut, cioè un taglio del debito che corre al 180% del Pil, si allunghino almeno i termini di riscossione o si riducano i tassi di interesse o si conceda un periodo di grazia.
Ma l’ipotesi del taglio del debito non piace alla Germania che teme un effetto contagio, se si dovesse cederesul principio di ridurre il debito di uno Stato dell’Eurozona. Inoltre, Berlino prima vuole vedere le riforme con i tagli alle pensioni e l’aumento delle imposte e poi parlare eventualmente di riduzione del peso del costo del debito.
«Mi auguro un accordo a breve» sulla Grecia, ha affermato Poul Thomsen, responsabile del Dipartimento europeo dell’Fmi, sottolineano che Atene dovrebbe ampliare la base imponibile, anche perché le entrate fiscali sono in calo. Thomsen ha anche precisato che «il Fondo monetario non presenterà al suo Board il programma di aiuti alla Grecia lanciato l’estate scorsa dai partner europei per valutare se aderirvi o meno se non includerà due pilastri che l’istituto di Washington ritiene fondamentali e legati tra loro: riforme e ristrutturazione del debito. «È chiaro che porteremo il programma al Board solo quando ci sarà un impegno non solo sulle misure che la Grecia deve adottare ma anche sul debito». Thomsen ha parlato anche di una ristrutturazione del debito della Grecia possibile senza un haircut.
«Non vedo alcuna flessibilità sul 3,5% nel 2018 perché era uno dei punti chiave dell’accordo la scorsa estate», ha ribattuto pronto il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem sempre a margine degli incontri primaverili del Fondo. Pur riconoscendo che il raggiungimento di quel target richiederà un grande sforzo, «può essere raggiunto». Insomma un dialogo tra sordi.
In questo quadro il primo ministro greco, Alexis Tsipras, ha accusato, dalle colonne del Financial Times, il Fmi di ritardare la conclusione del piano di aiuti con icreditori per arrivare alla scadenza del 20 luglio quando la Grecia dovrà ripagare 3,5 miliardi di euro alla Bce e senza la tranche dei creditori non ne avrà i mezzi e dovrà dichiarare default.
Unica buona notizia della giornata: le banche greche, che ieri hanno guadagnato fino al 20% in Borsa, avrebbero, secondo Bloomberg, già iniziato a vendere alla Banca centrale di Grecia le obbligazioni del Fondo Efsf, utilizzate per ricapitalizzare gli istituti ellenici, dopo che, con il via libera dell’Esm, sono state incluse nel programma di quantitative easing della Bce.
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