Mondo

Io, Yaryna, nata a 60 chilometri da Chernobyl due mesi dopo…

  • Abbonati
  • Accedi
LA TESTIMONIANZA

Io, Yaryna, nata a 60 chilometri da Chernobyl due mesi dopo l’apocalisse

Sono nata a luglio del 1986 al confine dell'Ucraina con la Moldavia, dove era stata portata mia madre dopo la tragedia. Quando avevo due mesi siamo ritornati nel nostro paese, che si trovava ormai nella terza fascia di inquinamento, perché i miei dovevano riprendere a lavorare a scuola. La tragedia di Chernobyl è stata una cosa con la quale ci siamo abituati a vivere: la sciagura era talmente trasparente che non faceva paura. Si è poi rifatta viva dopo tanti anni, quando la gente giovane intorno a me ha cominciato a morire di cancro.

A me non è mai venuta la voglia di andare a Chernobyl, il posto del quale mi chiedevano sempre, il posto per cui era nota l'Ucraina, come per l'atleta Sergey Bubka e il calciatore Oleg Blokhin. Ma la tragedia ha segnato la mia vita, perché è per il progetto «Bambini di Chernobyl» che nel 1995 sono venuta in Italia per la prima volta. Nel futuro sarei diventata interprete della lingua italiana.

Il mio Chernobyl personale era la mia regione intera, il mio paese Marianivka, a 60 chilometri da Chernobyl, che si spopolava ogni anno di più. Paesi interi lasciati dalla gente, la città stessa di Poliske con le fabbriche, i negozi, l'amministrazione regionale abbandonati perché qualcuno non ha saputo gestire la situazione né al momento, né dopo. L'ultimo abitante ha lasciato Poliske nel 1998.

Scheletri di edifici di più piani, palloni bucati con i quali una volta giocavano i bimbi, locandine del cinema/teatro che ormai sono diventati cenere, alberi che crescono dalle finestre, pinete selvatiche che hanno invaso gli spiazzi. Città cimitero, città fantasma con una grande serratura sopra e il filo spinato attorno a un vasto territorio che una volta chiamavano casa: dove per entrare hai bisogno di un permesso.

© Riproduzione riservata