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Cairo, agli arresti un consulente dei Regeni

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Medio Oriente

Cairo, agli arresti un consulente dei Regeni

L’ordalia sulla verità nel caso Regeni, che si sta trasformando in un giudizio sempre più globale e imbarazzante sul regime egiziano, sembra senza fine. Quasi non c’è giorno che in quello stato di polizia non ci siano arresti e persecuzioni; e quasi non ne passa uno senza che la comunità internazionale non punti la lente d’ingrandimento sul modo con cui l’ex generale al-Sisi governa l’Egitto.

L’ultima in ordine di tempo è l’arresto di Ahmed Abdallah, uno dei leader della Commissione egiziana per i diritti e le libertà: è una delle molte organizzazioni non governative che denunciano i metodi repressivi del potere, e da questo vengono accusate di essere al soldo degli stranieri.

L’ossessione del complotto anti-egiziano e la crescente ostilità verso gli stranieri è una prerogativa del regime. Dell’arresto da notizia la stessa famiglia Regeni, dei cui avvocati italiani Abdallah era un consulente.

Abdallah, ovviamente accusato di terrorismo, sarebbe stato arrestato nella notte fra il 24 e il 25 aprile ed è uno degli oltre cento attivisti, oppositori e giornalisti presi e incarcerati dalle autorità. Domenica al Cairo, Alessandria e in altre città egiziane c’erano state diverse piccole manifestazioni che mettevano insieme le molte ragioni di protesta contro il governo di Abdel Fattah al-Sisi: la cessione all’Arabia Saudita di due piccole isole sugli stretti di Tiran, all’imboccatura del golfo di Aqaba, l’economia che non funziona, la violenza del sistema del quale la brutale fine di Giulio Regeni è stata una decisiva cassa di risonanza.

La risposta della polizia è stata dura, come previsto. «Risponderemo con la massima fermezza e risolutezza a ogni azione che possa turbare la sicurezza pubblica», aveva preannunciato il ministro degli Interni, distintosi particolarmente in questi mesi nell’insabbiare l’inchiesta Regeni e nel raccontare bugie all’Italia. Le sue minacce si sono concretizzate.

«Siamo di fronte a un salto di qualità nelle azioni repressive dell’Egitto», denuncia Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty International che ha confermato l’arresto di Ahmed Abdallah. «L’azione politica italiana deve essere commisurata a questa escalation egiziana».

Ma ieri sul caso Regeni è intervenuto da Londra anche il Foreign Office. Pressioni e denunce internazionali fanno uscire di senno il potere egiziano, convinto fosse facile insabbiare il caso. L’esaltata giornalista televisiva che due giorni fa ha mandato al diavolo Giulio, è una prova di questo disagio crescente. «Egypt’s Shame», Vergogna all’Egitto titola un editoriale del Times di Londra, auspicando che «chi ha torturato e assassinato lo studente italiano venga portato davanti alla giustizia». Solo «una trasparenza totale - scrive il quotidiano - contrasterà il sospetto che a un assassinio sponsorizzato dallo Stato ora sia fatta seguire una copertura».

Rispondendo a una petizione firmata da 10mila inglesi (Regeni era ricercatore a Cambridge), il ministero degli Esteri britannico dice di essere «sconvolto dall’omicidio» e «deluso dai limitati progressi » dell’indagine.

«Abbiamo offerto al governo italiano il pieno appoggio e siamo in stretto contatto per coordinare i nostri sforzi»: secondo il Foreign Office «la stretta cooperazione egiziana con l’Italia e un’indagine trasparente sono vitali per rispondere alle preoccupazioni internazionali sulla sicurezza degli stranieri e l’impegno dell’Egitto al rispetto delle leggi». Nemmeno questo smuoverà l’arroganza egiziana ma almeno continuiamo a sapere di non essere soli.

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