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Difesa, Parigi si aggiudica il contratto del secolo

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Difesa, Parigi si aggiudica il contratto del secolo

  • –Marco Moussanet

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Sul filo di lana, Parigi ha battuto giapponesi e tedeschi in quello che molti definiscono “il contratto del secolo” nel settore della difesa. Sarà infatti la Dncs (Direzione costruzioni navali e sistemi con sede a Cherbourg, detenuta al 62% dallo Stato e al 35% da Thales, a sua volta controllata al 27% dallo Stato e al 26% dal gruppo Dassault) a fornire all’Australia 12 sottomarini oceanici della classe Shortfin Barracuda Block A1, destinati a sostituire gli attuali 6 sottomarini Collins, entrati in funzione nel 1990 e il cui ciclo di vita si concluderà nel 2026. Si tratta di una commessa da 50 miliardi di dollari australiani, 34,5 miliardi di euro, la più consistente mai affidata dall’Australia e la più importante mai ottenuta all’export dall’industria francese della difesa.

Eppure quando due anni e mezzo fa l’allora premier di Canberra – il conservatore Tony Abbott – decise di avviare l’operazione, nessuno era disposto a scommettere sulla Francia. Non tanto per la concorrenza dei tedeschi di ThyssenKrupp Marine Systems (che non hanno mai costruito mezzi di simili dimensioni) quanto per quella del consorzio giapponese formato da Mitsubishi Heavy Industries e Kawasaki Shipbuilding Corporation, una candidatura presentata direttamente dal Governo di Tokio. Fin dall’inizio sembrava scontata la vittoria dei giapponesi, apparentemente sostenuta, per ragioni geostrategiche, anche da Washington.

Ma alla fine l’ha spuntata Parigi, che peraltro vanta una storica cooperazione con la difesa australiana, in particolare con la marina. A far pendere la bilancia dalla parte della Francia hanno probabilmente giocato molti fattori. Innanzitutto il fatto che i sottomarini da 4mila tonnellate saranno derivati dal Barracuda, che sostituirà progressivamente i sei sottomarini nucleari francesi attuali della classe Rubis, con le prime prove in mare già l’anno prossimo. Poi la disponibilità di Parigi ad assegnare ai cantieri di Adelaide (nell’Australia meridionale, la zona a più forte tasso di disoccupazione del Paese) la costruzione di gran parte dei sottomarini (probabilmente una decina, per circa 3mila posti di lavoro). Un dettaglio certo non secondario per il nuovo premier australiano, il liberale Malcolm Turnbull, alla vigilia delle elezioni anticipate di luglio. Infine la volontà di Canberra di non guastare le relazioni con la Cina, primo partner economico dell’Australia, che certo non avrebbe visto di buon occhio la vittoria dei giapponesi.

Anche se a motivare questo colossale investimento australiano – così come l’aumento delle spese per la difesa di 20 miliardi nei prossimi dieci anni – è almeno in parte l’aggressivo atteggiamento di Pechino nel Mar della Cina meridionale.

Visto da Parigi, si tratta di una boccata d’ossigeno per il presidente François Hollande a un anno dalle presidenziali (si parla di 3-4mila posti di lavoro salvati o creati) e del successo del sistema di lavoro messo in piedi dal ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian, con una cellula mista tecnico-politico-diplomatica dedicata esclusivamente alle esportazioni. Che ha peraltro già dato i suoi frutti, visto che l’anno scorso la Francia ha realizzato vendite record di armamenti per oltre 16 miliardi (grazie soprattutto ai Rafale), raddoppiando il risultato dell’anno precedente.

Anche se ovviamente non sarà Parigi a incassare la gran parte del valore di un contratto che tra consegna dei sottomarini (la prima è prevista per il 2027), manutenzione e formazione durerà circa 50 anni. Perché gran parte dei Barracuda verrà appunto realizzata ad Adelaide e perché il sistema di combattimento che verrà montato sui mezzi è americano (per un valore pari a circa il 10% del totale). In attesa della definizione dei vari aspetti relativi all’esecuzione del contratto – che sarà definitivamente firmato tra fine 2016 e inizio 2017 – le stime dicono che le ricadute per l’industria francese dovrebbero aggirarsi intorni agli 8 miliardi.

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