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L’ultima follia dello Zimbabwe, il Paese dalle molte…

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Il ritorno del dollaro

L’ultima follia dello Zimbabwe, il Paese dalle molte (troppe) valute

Cosa si rischia a non poter contare su una valuta forte? I detrattori della moneta unica, cresciuti e non poco dall’inizio della crisi, potrebbero ricredersi almeno un po’ guardandosi intorno. Per quanti difetti e colpe si possano imputare all’euro il panorama mondiale offre, infatti, casi di estrema turbolenza. A volte oltre il limite del grottesco. Non ci riferiamo, per una volta, alle difficoltà attraversate dai Brics, Russia e Brasile in particolare. Le vicissitudini del rublo e del real sono ben note come le loro cause, dal crollo dei prezzi del petrolio e delle materie prime al rafforzamento del dollaro.

Questa volta a tornare on stage è lo Zimbabwe, da sempre economia disastrata, travolta per oltre un decennio dall’iperinflazione (spauracchio che qualcuno agita ancora in Europa, nonostante il quadro non lasci presagire nulla di simile) che aveva infine costretto il governo dell’eterno Robert Mugabe ad abbandonare la valuta locale, il dollaro zimbabwiano.

L’inflazione, dai livelli iperbolici dei primi anni 2000 e fino al 2009, quando aveva toccato vette inimmaginabili (nell’ordine dei 500 miliardi percentuali), è stata riportata a tassi ben più modesti. Sono sparite dalla circolazione le banconote da 50 miliardi di dollari da cambiare al mercato nero per non più di qualche dollaro statunitense. E lo stato africano, da sempre al centro di forti critiche anche per le violazioni dei diritti umani, cronicamente privo di una guida in grado di imprimere una chiara direzione alle scelte di politica economica, si è spinto per davvero (ricordate le parole di Mario Draghi un anno fa nel pieno della crisi greca?) in «acque inesplorate».

La banca centrale di Harare, in effetti, da qualche tempo è diventata terra di nessuno. Le valute in circolazione sono svariate. Si spazia dallo stesso dollaro Usa, al rand sudafricano allo yuan cinese, che ha debuttato alla fine dello scorso anno tra le monete dichiarate legali. Mossa, quest’ultima, studiata per incoraggiare Pechino, ormai principale partner commerciale, a cancellare parte del debito.

Ora, l’ultimo coniglio dal cilindro: il ritorno su piazza di una versione made in Zimbabwe del greenback, per cercare di mettere mano all’endemica rarefazione della liquidità in un paese in cui è tuttora vigente il controllo dei capitali. L’annuncio è stato dato dal governatore della banca centrale, John Mangudya. Attenzione però. Questa volta, niente tagli miliardari. I nuovi biglietti saranno da 2, 5, 10 e 20 dollari. Anche se c’è da scommettere che il preteso cambio alla pari con le banconote stampate negli Stati Uniti possa durare non più dello spazio di un mattino.

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