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Siria, come spiegare l’orrore del bombardamento di un campo profughi

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CRIMINI DI GUERRA

Siria, come spiegare l’orrore del bombardamento di un campo profughi

I vigili del fuoco spengono le fiamme nel campo profughi bombardato nella regione di Idlib (Reuters)
I vigili del fuoco spengono le fiamme nel campo profughi bombardato nella regione di Idlib (Reuters)

Come spiegare l'orrore del bombardamento di un campo profughi? Un raid aereo, costato la vita ad almeno 28 persone tra cui diversi bambini, condotto sul campo di profughi siriani di Kamouna nella provincia settentrionale di Idlib, vicino al confine con la Turchia, potrebbe essere ascrivibile a un crimine di guerra, dichiara il segretario dell'Onu per gli Affari umanitari, Stephen O'Brien, chiedendo che venga aperta un'inchiesta.

In base alle prime informazioni a colpire sarebbero stati caccia russi o del regime siriano. Nella stessa giornata i combattimenti tra l'esercito siriano e miliziani qaedisti del Fronte Al-Nusra a sud di Aleppo hanno causato più di 73 morti: i jihadisti hanno lanciato un'offensiva, conquistando la località di Khan Tuman e circondando i villaggi vicini.
A rendere ancora più stridente il contrasto tra gli orrori della guerra il “nuovo ordine” siriano, è arrivata la notizia che l'Orchestra Sinfonica del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, diretta da Valery Gergiev, si è esibita nell'anfiteatro di Palmira, la città devastata dai jihadisti dello Stato islamico e ora di nuovo in mano al regime di Damasco che ne ha ripreso il controllo grazie al supporto dell'aviazione russa. Mario Vargas Llosa definisce Gergiev “un essere sotterraneo, connesso con le profondità inquietanti dell'abisso umano, capace di trasformare un concerto o un'opera in una cerimonia geniale e agghiacciante”. E qui davvero c'è di che rimanere agghiacciati se non sapessimo come vanno davvero le cose in guerra.

Sono i civili le maggiori vittime dei conflitti, non gli eserciti o le milizie. Perché i civili vengono presi di mira come bersagli ma anche usati come strumenti della battaglia: scudi umani e ostaggi dietro i quali gli uomini armati si riparano, organizzano le loro schiere e riforniscono i combattenti in prima linea. Non si tratta di giustificare il bombardamento di un campo profughi ma di capire perché in Siria è così complicato non solo mettere fine alla guerra ma anche raggiungere un cessate il fuoco. Anzi, qui le tregue sono spesso il modo migliore per dare alle parti in conflitto l'opportunità di riorganizzare le file e lanciarsi in nuove offensive militari. Come è possibile che dopo mesi di bombardamenti russi e del regime Aleppo sia ancora divisa tra ribelli e lealisti? In realtà le schiere dei ribelli, in parte dell'Isis, di Jabat al Nusra, Ahrar al-Sham, Esercito libero siriano e molti altri ricevono sostegno e armi dal confine turco, da dove passano le principali linee di rifornimento. La Turchia combatte la “sua” guerra contro la Russia, Assad e l'Iran, con l'appoggio dell'Arabia Saudita e delle monarchie del Golfo. Appena due giorni fa Ankara ha ventilato di nuovo la possibilità di entrare con l'esercito dentro al territorio siriano: l'obiettivo dichiarato è proteggere la popolazioni civili, quello militare è spezzare le linee di difesa e la continuità territoriale dei curdi siriani.

Dietro al paravento della guerra al Califfato, le potenze regionali ed esterne, dall'Iran alla Turchia all'Arabia Saudita, dalla Francia agli Usa alla Russia, si stanno facendo una guerra per la spartizione della Siria e dell'Iraq in zone di influenza, qui nel Siraq come del resto, con attori leggermente diversi, anche in Libia.
La sorte delle popolazioni civili e i profughi non è in mano a stati con fini umanitari ma viene piegata alle esigenze della guerra e alla futura riorganizzazione della regione dove città vuote e devastate, soprattutto nella vicinanza delle frontiere, verranno un giorno ripopolate da popolazioni sottomesse e ricattate da nuovi e vecchi padroni.

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