Mondo

Londra fa la storia e sceglie un sindaco musulmano

  • Abbonati
  • Accedi
Europa

Londra fa la storia e sceglie un sindaco musulmano

  • –Leonardo Maisano

LONDRA

«Congratulazioni Sadiq, non vedo l’ora di lavorare con te», firmato Jeremy Corbyn. Il leader laburista ha stracciato così l’attesa per un’elezione annunciata dai sondaggi, ma rimasta incerta fino alla prima serata di ieri quando è giunta la comunicazione semi-ufficiale: Sadiq Khan a spoglio quasi ultimato era irraggiungibile dal suo diretto concorrente, il conservatore Zac Goldsmith rimasto una decina di punti alla spalle del nuovo sindaco.

Quarantacinque anni, deputato da dieci anni, ma politico di navigata esperienza, Sadiq Khan, avvocato di professione, batte un nuovo primato diventando il primo musulmano a guidare una metropoli occidentale. E lo fa lasciandosi alle spalle un campione dell’establishment britannico come è Zac Goldsmith, 41 anni, erede di banchieri, sposato con un’erede di banchieri - Rothschild, in questo caso – candidato dai Tory, nonostante l’euroscetticismo che ne fa un nemico giurato del premier David Cameron, in vista, almeno, del voto sul referendum per l’adesione alla Ue del 23 giugno prossimo. Sadiq Khan succede a Boris Johnson e questo consuma un cambio della guardia ancor più profondo.

I due sono lontani mille miglia nell’aspetto, nella militanza politica, nell’atteggiamento verso l’Europa con il sindaco uscente grande euroscettico e quello entrante eurosupporter. La vittoria di Sadiq Khan mette fine a una brutta campagna elettorale segnata dall’ombra dell’antisemitismo che pesa su alcuni militanti laburisti e dalle accuse neppure troppo velate che Zac Goldsmith ha gettato fra le gambe di Sadiq Khan contestandogli «brutte amicizie». Il riferimento è a esponenti del radicalismo islamico più militante e anche a sospetti terroristi che Sadiq, da avvocato, ha difeso in tribunale.

Le pesanti intemperanze pre elettorali sono acqua ormai passata, resta, invece, il senso di un voto che è svolta profonda per la capitale, ma offre segnali per il Paese e per il destino del partito laburista. La vittoria di Sadiq, infatti, salva Jeremy Corbyn che issa la sua bandiera su Londra nell’istante stesso in cui la vede ammainarsi dalla Scozia. Nelle elezioni per il Parlamento di Edimburgo il Labour ha perduto non solo nei confronti dello Scottish national party, forza egemone da tre legislature che conquista 63 dei 129 seggi, ma anche del partito conservatore. I Tory oltre il Vallo sembravano in via d’estinzione e invece si sono risvegliati secondo partito nei banchi di Holyrood, terzo il Labour che ha perduto 13 rappresentanti. È un segnale preoccupante per il partito di Jeremy Corbyn perché se la Scozia si dovesse rivelare davvero “terra perduta” sotto la spinta di Snp e Tory, per i socialisti britannici una vittoria a Westminster diverrebbe estremamente complessa, essendo altissima la concentrazione di deputati Labour eletti in lowlands e highlands.

Se la vittoria di Londra pareggia idealmente i conti con la sconfitta scozzese, il resto del Paese ha offerto al Labour un’immagine in chiaro scuro con la perdita di numerosi consiglieri comunali, ma la tenuta del Galles. Una proiezione su base nazionale del voto globale del Super Giovedì britannico effettuata dalla Bbc dà il 31% dei consensi al Labour e il 30% ai conservatori, ma questi ultimi – se fossero politiche e il calcolo è quantomai acrobatico – avrebbero più deputati.

Una dinamica che dovrebbe bastare per zittire l’opposizione interna al partito laburista che sperava in un tracollo sia nei consigli comunali (oltre a quello di Londra è cambiato il sindaco di Liverpool e di decine di altri municipi) che nelle assemblee autonome di Scozia, Galles e Irlanda del nord. Una caduta fragorosa del Labour avrebbe agevolato il “complotto” contro Corbyn riportando, magari, l’orologio del partito ora su posizioni più radicali alla stagione temperata del New Labour blairiano. Gli spazi per una rivolta restano, ma l’arrivo di Sadiq Khan potrebbe bastare per ridare ossigeno a Corbyn e al suo progetto politico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Cameron non stravince,

il no a Brexit è più forte