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Uber, a New York nasce l’associazione degli autisti. Ma non…

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Uber, a New York nasce l’associazione degli autisti. Ma non è un sindacato

Uber ha annunciato di aver raggiunto un accordo con il sindacato degli autisti dando così la possibilità ai suoi driver a New York, ben 35mila (i taxi, regolamentati da licenze, sono in tutto 13000), di unirsi in una associazione. Si chiamerà Independent Drivers Guild e sarà affiliata al sindacato International Association of Machinists and Aerospace Workers. L'intesa durerà per i prossimi cinque anni e prevede incontri mensili tra i rappresentanti e i vertici di Uber, più alcuni benefici e la protezione garantita ai lavoratori sindacalizzati. Tuttavia, come ricorda il New York Times, l'accordo non prevede la nascita di un sindacato interno.

La decisione dell’azienda di San Francisco rappresenta l'ultimo sforzo dopo diversi attacchi arrivati sia dai lavoratori (con cause multimilionarie ancora in corso in California e Massachusetts) che dalle autorità americane e europee sul trattamento degli autisti, che non sono assunti ma lavorano come freelance. Intanto in altre città la battaglia è molto più accesa rispetto che a New York. A Seattle per esempio il consiglio comunale aveva dato il via libera alla formazione di un sindacato. Proprio per evitare questa eventualità Uber sta continuando a trovare accordi con i lavoratori per creare associazioni, concedendo qualche diritto in più.

L’altro fronte ancora aperto che ostacola l’avanzata di Uber è quello della sicurezza.
Piuttosto che controllare la fedina penale dei propri autisti ricorrendo alle impronte digitali, Uber e la sua concorrente Lyft intendono abbandonare uno dei loro mercati chiave nel Sud degli Stati Uniti: già da oggi Uber non opera più ad Austin, capitale del Texas. Oltre 10.000 persone rischiano di restare senza un lavoro. La minaccia è di fare altrettanto per lo stesso motivo ad Houston. La ragione sta nel fatto che sabato non è passata tra gli elettori ad Austin una proposta che avrebbe eliminato l’obbligo di controlli legati alle impronte digitali, a cui si devono sottoporre tutti i conducenti di auto entro il primo febbraio 2017. E questo nonostante le due aziende abbiano speso milioni di dollari per rastrellare voti in favore della loro causa.

Uber e Lyft erano contrari perché simili controlli richiedono troppo tempo - in genere dai tre ai quattro mesi - e sono più costosi. L'idea dei due gruppi è che i controlli tradizionali (condotti attingendo a dati federali, statali e locali) siano altrettanto accurati e non discriminanti nei confronti di minoranze etniche come lo sono invece quelli basati sulle impronte digitali. Per chi invece è a favore, una tale misura è l'unico modo per verificare l'affidibilità di un conducente. «Speriamo che il Consiglio comunale riveda l'ordinanza in modo tale da potere lavorare insieme per rendere le strade di Austin un luogo più sicuro per tutti», ha commentato Chris Nakutis, general manager di Uber ad Austin.

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