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Trump incontra la nemesi Ryan: «Grande opportunità di unire il partito»

Paul Ryan - Afp
Paul Ryan - Afp

New York - Donald Trump si è presentato puntualissimo, alle 9 del mattino americano, al Grande Summit al Congresso con i vertici del partito repubblicano, e soprattutto con l'uomo che ha finora dato voce ai maggiori sospetti sulla sua eterodossa candidatura alla Casa Bianca, lo speaker della Camera Paul Ryan. Quasi un simbolo, la puntualità, dell'importanza e delicatezza della missione: avviare senza indugi e sul serio l'unificazione di un partito lacerato da durissime primarie e dall'avvento vittorioso del più improbabile ta i contendenti iniziali, il magnate immobiliare e personalità televisiva di New York. Quasi tre ore dopo, i protagonisti sono emersi dalla discussione a porte chiuse con un comunicato congiunto, che se ammette le differenze esistenti, sottoscrive proprio l'impegno di entrambi a superarle: «Siamo stati onesti sulle nostre poche differenze - si legge - ma riconosciamo che esistono anche molte e importanti aree in comune. Avremo ulteriori discussioni ma siamo fiduciosi che esista una grande opportunità di unire il partito e di vincere questo autunno e siamo completamente impegnati a lavorare assieme per raggiungere questo obiettivo».

La promessa di unità, come trapela da toni men che calorosi, non sarà facile da mantenere. Trump ha di fatto sovvertito l'ordine costituito del partito conservatore codificato da Ronald Reagan, quella miscela ideologica di economia del supply side a base di tagli delle tasse per tutti, compresi i più ricchi, di liberismo e libero scambio, di governo federale e regolamentazioni ridotte all'osso, di riforme del welfare e delle pensioni nel segno dell'austerity, di internazionalismo “militare” e di guerre culturali domestiche combattute a colpi di valori religiosi e conservatori. Un'identità semmai ammorbidita di recente da una maggior apertura all'immigrazione. Insomma, tutte posizioni spesso ben distanti, se non a volte addirittura contrapposte, al populismo arrabbiato mobilitato da Trump nella sua campagna.

Per questo, per l'elevata posta in gioco, il summit odierno senza precedenti è cominciato con in agenda ben tre appuntamenti cruciali in rapida successione: il primo un faccia a faccia con Ryan e il presidente del partito Reince Priebus; seguito da un meeting allargato ancora con Ryan e la leadership dei deputati; e in conclusione un incontro tra Trump e i notabili repubblicani del Senato, guidati dal leader Mitch McConnel. Fuori, a segnalare la tensione, non è mancato qualche gruppo di manifestanti ad attendere l'esito.

La pressione per seppellire ogni ascia di guerra è ormai enorme, a sua volta riflessa dalla decisione di rilasciare un formale comunicato congiunto, perché in palio c'è le chance di presentare un fronte compatto alle urne presidenziali di novembre per avere speranze di sconfiggere il probabile candidato democratico Hillary Clinton. E questa pressione, paradossalmente ma non troppo, è oggi rivolta anzitutto a Ryan, perché faccia marcia indietro e si rimangi lo scetticismo espresso apertamente la scorsa settimana, quando ha affermato di «non essere ancora pronto» a sostenere Trump e di aspettarsi un protratto processo di unificazione. Un crescente numero di politici repubblicani - anche tra coloro che in precedenza osteggiavano Trump - è invece adesso convinto che non ci sia più tempo da perdere. Che Trump, per quanto controverso, abbia dalla sua le ragioni inconfutabili di milioni di elettori. E che ogni segnale di divisione e ogni tergiversazione renda solo più difficile raccogliere i consensi e i fondi necessari per prepararsi alle elezioni di novembre.
Ryan aveva incontrato già ieri gruppi di deputati repubblicani e il messaggio più forte che ha ricevuto è stato proprio questo, che è lui a dover scendere a compromessi: «Il suo atteggiamento (di Ryan) rende solo più difficile lavorare per l'unità», ha detto il deputato dell'Idaho Paul Labrador, che è anche leader del forum conservatore Freedom Caucus. «Ryan dice a Trump che ha il dovere di unificare il partito - ha incalzato Mark Amodei del Nevada - Ma non è questo anche il compito dello speaker?».

Questo non vuole dire, tuttavia, che non esistano preoccupazioni nei ranghi del partito. Numerosi esponenti vogliono chiedere conto a Trump delle sue posizioni e dichiarazioni, influenzando il candidato su temi tradizionalmente cari ai repubblicani contemporanei su debito, spesa e budget, sull'aborto e su riforme di Medicare e Social Security, cioè assistenza sanitaria per gli anziani e pensioni. Senza far leva su questa identità hanno paura di andare incontro a sconfitte di proporzioni storiche. Ma vorrebbero che Ryan e altri leader agissero dietro le quinte, senza strappi, appunto dando vita alla discussione lontano dai riflettori delle polemiche invocata dal comunicato odierno, per darsi le migliori opportunità di sopravvivere, se stessi e il partito, alla sfida delle urne. Per continuare a dare almeno l'immagine di un partito repubblicano unito anche se, invece, unito minaccia di esserlo sempre meno.

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