Londra - «Abbiamo guardato tutti i modelli possibili, calcoli, opinioni, previsioni e scenari: non abbiamo trovato un solo elemento a favore di Brexit». Christine Lagarde, numero uno del Fondo monetario internazionale, riprende là dove il governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, aveva lasciato, riaffermando che l’ombra delle recessione incombe sul Regno Unito in caso di divorzio dall’Unione europea. Le conseguenze di un “no” all’Ue potranno essere «o cattive o pessime» per l’economia di Londra, alternativa che non contempla i teorici benefici effetti celebrati dalla campagna Leave, l’eterogeneo fronte di euroscettici pilotato da Boris Johnson per i Tory e da Nigel Farage per l’Ukip. Fronte eurofobo che ha attaccato il managing director del Fondo ricordando che le precedenti analisi dell’organismo internazionale sui destini economici di Londra si rivelarono errate. Christine Lagarde ha ammesso gli errori del passato – Fmi definì l’austerità voluta dal Cancelliere George Osborne un «gioco con il fuoco», salvo poi ricredersi pubblicamente - ma ha escluso un nuovo passo falso proprio per l’attenta analisi che gli esperti del Fondo hanno dedicato al caso Gran Bretagna. Per settimane hanno scrutinato i dati del Tesoro e della Bank of England, si sono misurati con think tank, hanno ascoltato la voce del fronte europeista Remain e di Leave per concludere – come ha ricordato in conferenza stampa Christine Lagarde – che nulla sostiene le ragioni dell’addio all’Unione europea.
Quella che la direttrice del Fondo ha riconosciuto essere «una decisione fondamentale» porterà a un risultato «negativo assicurato» con ripercussioni immediate sui mercati azionario e immobiliare. Christine Lagarde ha parlato al fianco del Cancelliere Osborne, ma ha negato di averne subito l’influenza, riaffermando l’assoluta autonomia del Fondo e dei suoi economisti. La scansione degli eventi programmati da Fmi sul caso Brexit suscita però molta preoccupazione fra i brexiters . Ieri Christine Lagarde non ha voluto mettere un numero al danno che l’addio all’Unione potrà provocare. S’è limitata all’enunciato di un’analisi che sarà diffusa, con cifre e percentuali, fra il 15 e il 18 giugno. Pochi giorni prima, quindi, del 23, quando la Gran Bretagna si pronuncerà. Il Fondo potrà, pertanto, rompere le regole britanniche del silenzio pre-referendum con un’analisi che non essendo, ufficialmente, di una parte in causa sarà autorizzata. In realtà si sa già che sarà l’ultima spallata del “sì” all’Ue contro i brexiters. I numeri di Fmi non potranno smentire quando Christine Lagarde ha detto ieri.
La linea del Fondo si sovrappone, quindi, a quella della Banca d’Inghilterra. Il governatore Mark Carney due giorni fa aveva evocato la prospettiva di una «recessione tecnica» nel Regno Unito in caso di Brexit, immaginando per la Bank of England un’alternativa impossibile. L’istituto centrale, secondo Carney, si potrebbe trovare «costretto a scegliere» fra misure di politica monetaria utili per contrastare l’inflazione e misure necessarie per sostenere la crescita e l’occupazione.
Il governatore era stato esplicito, poco meno di Christine Lagarde, nel considerare i rischi di una scelta “divorzista”. E lo stesso farà domenica nel corso dell’attesa intervista nello studio Tv del giornalista Andrew Marr sulla Bbc. Parole destinate a rilanciare le polemiche che da giorni circondano Mark Carney accusato di aver esposto la Banca d’Inghilterra alle tentazioni della politica, schierandola con il fronte Remain e contro Leave. La replica di Mark Carney è stata secca: è nel mio mandato avvertire il Paese dei rischi connessi a uno shock come quello che Brexit potrà innescare sui mercati finanziari e sulla prospettiva macro-economica.
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