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A Sanders l’Oregon, Clinton avanti in Kentucky. Trump: pronto a incontrare Kim

Bernie Sanders batte seccamente nelle primarie dell'Oregon Hillary Clinton, che cerca di rifarsi rivendicando una vittoria seppur di strettissima misura in Kentucky. Alla fine di un'altra tornata di primarie l'ex Segretario di Stato e First Lady resta in chiaro vantaggio di delegati per la nomination ma Sanders non dà segno di voler cedere le armi.
Sanders in Oregon ha ottenuto il 53,6% contro il 46,4% della frontrunner.

In Kentucky, dove nel 2008 Hillary aveva vinto nettamente su Barack Obama, questa volta l'ha spuntata di forse soli 1.900 voti, con il 46,8% contro il 46,3% dei consensi. La battaglia è rimasta così incerta che il suo successo non è stato ufficializzato nella notte, finché la Clinton non ha annunciato la vittoria su Twitter.

Questo nonostante negli ultimi giorni abbia mobilitato anche il marito Bill, l'ex presidente, che è stato l'ultimo candidato democratico a vincere lo stato in un'elezione per la Casa Bianca nel 1992 e nel 1996.

Con in tutto poco oltre cento delegati in palio, le due primarie di ieri non potevano in realtà spostare gli equilibri numerici per la nomination. Ma il significato politico c'è ugualmente: la resistenza di Sanders ha ragioni per proseguire. In vista, oltretutto, di una dura battaglia in quello che resta l'ultimo grande stato in palio, la California che si esprimera' il 7 giugno prossimo assieme ad altri cinque stati tra i quali il New Jersey.

Proprio da Carson in California Sanders nelle ultime ore ha dichiarato che intende rimanere in gara «finché l'ultimo voto non sarà stato depositato nelle urne». Il senatore del Vermont ha fatto sapere di non aver perso la speranza di arrivare alla Convention democratica di luglio con delegati eletti sostanzialmente pari a quelli della rivale per poi far cambiare idea ai superdelegati, le centinaia di funzionari di partito che oggi in massima parte sostengono la Clinton, grazie a sondaggi nazionali che lo considerano il miglior candidato contro Trump.

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Il continuo duello e le polemiche in casa democratica stanno quantomeno complicando la campagna della Clinton, che vorrebbe potersi concentrare contro l'ormai certo avversario repubblicano di novembre per la Casa Bianca, Donald Trump.

Trump è rimasto il solo candidato nelle primarie repubblicane dopo il ritiro di tutti i rivali interni e sta ora marciando verso la conquista matematica della nomination mentre ricuce i rapporti con i leader del partito per unificare la campagna repubblicana e la raccolta di fondi in funzione anti-Clinton.

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In Oregon, a lui ieri è andato il 66,6% dei voti, ben davanti a John Kasich (+17%) e Ted Cruz (16,3%). In un tweet, il magnate dell'immobiliare ha scritto «La percentuale dei voti è persino maggiore del previsto. Grazie!». A lui mancano meno di 100 delegati per raggiungere il “magic number” pari a 1.237 con cui aggiudicarsi la nomination. Non potrà però superare quella soglia fino alle primarie 7 giugno prossimo.

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Intanto, in un'intervista esclusiva alla Reuters, il magnate newyorkese, che ha sbaragliato gli avversari nella “corsa” delle primarie e che adesso sta anche ricompattando il partito repubblicano dietro di sé, ha detto che vuole un faccia-a-faccia con il leader nordcoreano, che invece finora l'amministrazione americana ha sempre puntato ad isolare. «Vorrei parlare con lui, non avrei alcun problema nel parlagli». Non solo: «Vorrei mettere un sacco di pressione sulla Cina perché economicamente abbiamo un enorme potere sulla Cina. La gente non se ne rende conto», ha aggiunto Trump ricordando che la Cina è l'unico alleato del regime nordcoreano.

Infine, Trump ha anche annunciato di aver depositato alla commissione federale elettorale (Fec) la sua dichiarazione dei redditi e si è detto «fiero che sia la più grande della storia della Fec». Negli ultimi 17 mesi il suo guadagno imprenditoriale è cresciuto di 190 milioni di dollari e il suo reddito è stato di 557 milioni di dollari. Trump ha ribadito che la sua fortuna supera i 10 miliardi di dollari, una somma di oltre due volte superiore a quella di stime indipendenti.


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