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Dossier | N. (none) articoliReferendum su Brexit

In Gran Bretagna +10% di migranti Ue. I Brexiters: deprimono i salari degli inglesi

  • –di Nicol Degli Innocenti

L’immigrazione è il tema più spinoso del referendum di giugno. Secondo i “Brexiters” tra i numerosi vantaggi di un’uscita dalla Ue il più importante è proprio riacquistare il controllo dei confini del Regno e tenere a bada le ondate di cittadini europei che adesso sfruttano il diritto di venire a vivere e a lavorare in Gran Bretagna.

Nessuno, che sia favorevole o contrario a Brexit, può negare che l’immigrazione dai Paesi Ue continui ad aumentare, alimentata dalla debolezza dell’economia e dagli alti tassi di disoccupazione in diversi Paesi membri. I nuovi dati resi noti questa settimana dall’Istituto Nazionale di Statistica (Ons) lo confermano. Nell’ultimo anno l’immigrazione dalla Ue è cresciuta del 10%, e ad arrivare sono soprattutto persone in cerca di lavoro.

L’AUMENTO DEI LAVORATORI UE
Numero di lavoratori comunitari (eu) ed extracomunitari in Gran Bretagna (Ufficio nazionale di statistica)

Lo scorso anno ne sono arrivati 224mila (+11,7%), portando il totale dei cittadini Ue che lavorano in Gran Bretagna alla cifra record di 2,1 milioni. Rappresentano ora il 6,8% della forza lavoro di 31,5 milioni di persone. Dieci anni fa la percentuale era del 2,6%, tre anni fa del 4,8 per cento.
Il mercato del lavoro britannico, flessibile e dinamico, è in grado di assorbire i nuovi arrivi. L’economia è in crescita e il tasso di disoccupazione è sceso al 5,1%, il livello più basso dalla recessione. Come ha sottolineato il premier David Cameron, il tasso di occupazione per i cittadini britannici è ai massimi storici (74,2%) e negli ultimi cinque anni 1,5 milioni di ‘Brits' hanno trovato un impiego.
Il fatto che oltre l’85% dei cittadini Ue residenti in Gran Bretagna ha un lavoro dovrebbe far tacere i Brexiters che accusano gli immigrati Ue di venire solo per sfruttare i sussidi statali e vivere alle spalle del generoso Stato britannico.
Secondo i Brexiters, però, l’arrivo di centinaia di migliaia di europei in cerca di lavoro ha avuto l’effetto di aumentare la concorrenza e abbassare gli stipendi, danneggiando quindi i lavoratori inglesi. Ian Duncan Smith, ex leader del partito conservatore e ora Brexiter a tempo pieno, ha dichiarato che gli inglesi «sono costretti a competere con milioni di stranieri per il lavoro e devono subìre una pressione al ribasso sui loro salari». Opinione che ha molta presa sull’elettorato, anche se è contestata dagli esperti. «Non ci sono prove che l’immigrazione Ue danneggi i posti di lavoro o gli stipendi dei cittadini britannici, - afferma John van Reenen, direttore del Centre for Economic Performance della London School of Economics – Brexit invece colpirebbe in modo grave i salari dei lavoratori perché danneggerebbe gli scambi commerciali, gli investimenti e la produttività».

A poche settimane dal voto, la polemica sull’immigrazione dalla Ue è esacerbata dai nuovi dati Ons che mostrano invece che il numero di arrivi dai Paesi extra-Ue è rimasto invariato. Dimostrazione, secondo i Brexiters, che le misure introdotte dal Governo per limitare l’immigrazione sono efficaci. Quello che per loro è frustrante è il non poterle applicare anche ai cittadini Ue.
Se ci sarà Brexit, tre quarti degli immigrati Ue non avrebbero i requisiti necessari per ottenere un visto di lavoro, secondo uno studio del Migration Observatory dell’Università di Oxford. Per avere il visto, i cittadini extra-Ue devono avere una laurea o equivalente e uno stipendio minimo di 20.800 sterline all’anno, cifra che l’anno prossimo salirà a 30mila sterline. In base a questi criteri, tre lavoratori su quattro arrivati dalla Ue non avrebbero diritto al visto.
Secondo gli ultimi studi disponibili, gli immigrati dai Paesi ‘originari' dell’Unione, come Italia, Francia e Germania che lavorano in Gran Bretagna tendono ad avere impieghi di dirigente, manager o perlomeno professionista. Gli immigrati da Paesi come Polonia e Romania che hanno aderito alla Ue più tardi, invece, sono in prevalenza operai specializzati.

POLACCHI IN CIMA ALLA LISTA
Cittadini Ue residenti in Gran Bretagna nel 2015

La Migration Advisory Committee del Governo sostiene che «non ci sono prove di un effetto negativo dell’immigrazione sull’occupazione o sugli stipendi». L’unico settore in cui si può verificare un impatto negativo è il lavoro non qualificato, come i camerieri e gli addetti alle pulizie.

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