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Airbus, fumo in cabina e tre minuti di terrore

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Airbus, fumo in cabina e tre minuti di terrore

  • –Marco Moussanet

parigi

Tre minuti. Tre minuti di confusione, di tentativi disperati, di terrore. Sono quelli trascorsi tra il primo allarme lanciato in automatico dai sistemi di rilevazione anomalie dell’A320 dell’EgyptAir partito da Parigi diretto al Cairo e la scomparsa dell’aereo dai radar dei controllori di volo greci, che hanno cercato più volte di mettersi in contatto con i piloti. Invano.

I tecnici francesi del Bea (l’Ufficio inchieste a analisi del trasporto aereo) che collaborano con gli esperti e gli inquirenti egiziani hanno confermato ieri le notizie diffuse nella tarda serata di venerdì dalla testata specializzata americana Aviation Herald e dalla Cnn. Per tre minuti, tra le 2h26 e le 2h29 della notte tra mercoledì e giovedì, il sistema Acars (Aircraft communications addressing and reporting system) ha inviato alla compagnia aerea e ad Airbus sette segnalazioni di disfunzioni gravi: due anomalie al vetro della cabina di pilotaggio; la presenza di fumo nella toilette anteriore dell'aereo, quella appena alle spalle del cockpit; la presenza di fumo nella cabina; la presenza di fumo nello scompartimento, collocato sotto il cockpit, che ospita l’avionica, cioè i sistemi elettronici di navigazione; un problema al pilota automatico; un altro ai meccanismi di gestione dei flap.

In quei maledetti tre minuti, la parte anteriore dell’aereo – e in particolare la cabina di pilotaggio – si sono insomma riempiti di fumo. Presumibilmente provocato da un incendio.

Gli esperti sono però concordi nel dire che questo non serve a individuare la causa del disastro. E cioè se si è trattato di un attentato o di un’avaria (la Cbs ha parlato di un motore in fiamme). L’incendio, e quindi il fumo, potrebbe infatti essere frutto di un incidente tecnico così come dell’esplosione di un ordigno, magari collocato proprio nella toilette. Senza trascurare il fatto che un’improvvisa depressurizzazione dell’aereo – eventualmente dovuta proprio a un’esplosione – provoca un “effetto nebbia” che i rilevatori automatici possono “interpretare” come fumo.

È evidente che in quei novanta, terribili secondi, i piloti non hanno certo avuto la possibilità di lanciare alcun messaggio. Erano impegnati a cercare di individuare il problema e trovare una disperata soluzione. Prima che l’aereo con 66 persone a bordo si avvitasse su se stesso e in pochi minuti precipitasse in mare, al largo dell’isola di Creta.

A parlare saranno i rottami dell’Airbus, che continuano a essere recuperati dalle navi della marina militare egiziana, e soprattutto le due scatole nere. Che sempre secondo la Cbs sarebbero state individuate – grazie al segnale che viene inviato per alcune settimane – e sarebbero in fase di recupero. Ma fonti governative egiziane, anonime, hanno smentito.

La tesi dell’attentato, che all’inizio era nettamente privilegiata, non viene ovviamente esclusa («Tutte le ipotesi rimangono aperte», ribadiscono le autorità), anche se man mano che passa il tempo sembra diventare la meno probabile. Gli inquirenti sottolineano soprattutto l’assenza di una rivendicazione. Come invece era accaduto nell’ottobre scorso, quando sul deserto del Sinai era esploso in volo un aereo russo decollato dal Cairo e diretto a San Pietroburgo.

Il ministero dell’Interno francese ha intanto annunciato che a fine mese verrà avviata, negli aeroporti di Roissy e di Nizza (il primo e il terzo del Paese), una sperimentazione del Pnr (Passenger name recorder), che consente di incrociare i tanti dati dei passeggeri in possesso della compagnie aeree con quelli degli archivi della polizia ed evidenziare quindi eventuali elementi sospetti.

Questa fase sperimentale coinvolgerà otto compagnie e riguarderà il 40% circa del traffico, con l’obiettivo di arrivare a una generalizzazione entro la fine dell’anno.

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