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Austria, su Europa e migranti un Paese spaccato a metà

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L'Analisi|L’ANALISI

Austria, su Europa e migranti un Paese spaccato a metà

Se Vienna ha per ora tirato un sospiro di sollievo, il paese alpino resta spaccato a metà: diviso su migranti, Europa e chiusura delle frontiere e del valico del Brennero in particolare se dovessero ripartire d'estate, come è prevedibile, gli sbarchi in Italia. La crisi politica a Vienna è stata solo rinviata, e i problemi sono ancora tutti irrisolti. C'è infatti un fantasma che si aggira per l'Europa, quello dell'estrema destra populista e xenofoba. Come in tutte le crisi europee, come insegna quella dei debiti sovrani, dopo l'incendio iniziato in un paese minore, scatta il timore del contagio e i pompieri di Bruxelles si svegliano dal loro sonno della ragione che genera mostri.

L'Austria ha votato il candidato verde al fotofinish, ma chi sarà il prossimo paese europeo (di quelli che non hanno subito il regime comunista) ad avere un presidente o un premier di estrema destra? Il pensiero va a numerosi candidati tra cui la Francia, l'Olanda e la Germania dove l'Afd, che oggi veleggia al 15% dei consensi secondo gli ultimi sondaggi, e potrebbe fare il colpo grosso alla prossima elezione regionale e mettere in crisi la Grande coalizione di Angela Merkel.

Norbert Hofer, 45 anni, il candidato della estrema destra ha fatto una campagna molto aggressiva e non ha vinto per un soffio. «La mia visione politica è per un'economia forte, un basso tasso di disoccupazione, e una maggior sicurezza nelle strade», ha detto Hofer in un dibattito sulla televisione pubblica con Van der Bellen giovedì scorso. E ha aggiunto: «Voglio che la gente del mio paese si senta veramente al sicuro, soprattutto le donne».

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Parlando al suo comizio finale prima delle elezioni a Vienna venerdì, Hofer che punta soprattutto sulle emozioni e non sulla razionalità, ha detto che a «quelle persone che non apprezzano il nostro paese, o decidono di combattere per lo Stato islamico o di stuprare le donne, dico a questa gente, che questa non è la vostra patria, non si può rimanere in Austria».

Insomma Hofer ha lanciato parole d'ordine semplici e semplificatorie più che ricette articolate e dettagliate su come affrontare problemi così complessi e globali. Non ha vinto ma Hofer ha saputo interpretare il senso di disagio profondo e il timore di “declassamento sociale” di ampie fasce di operai e classe media un tempo elettori socialdemocratici e popolari e oggi, sull'onda della crisi dei migranti, passati sul carro rassicurante dell'estrema destra.

A determinare comunque questo successo della destra nazionalista in Austria, tra rigurgiti populisti e paure xenofobe, sono stati soprattutto due temi: l'immigrazione (in Austria sono transitati un milione di migranti nel 2015 e ci sono state 90mila domande d'asilo, 18mila nei primi quattro mesi del 2016) e la stasi economica del paese.

L'economia ha subito i contraccolpi delle sanzioni alla Russia e il mercato immobiliare ha registrato una brusca frenata. Ora tocca al nuovo cancelliere Christian Kern ridare smalto all'economia, rivedere il welfare a volte troppo generoso con i nuovi immigrati a scapito dei residenti di vecchia data e riannodare i fili di un società divisa a metà. Non sarà compito facile.

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