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Uno stop all’onda euroscettica

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Europa

Uno stop all’onda euroscettica

  • –Michele Pignatelli

Con la vittoria di Alexander Van der Bellen, il ballottaggio austriaco non ha segnato la svolta storica temuta dalle cancellerie europee: la prima elezione diretta di un presidente di estrema destra. Il che non rende meno urgente la riflessione sull’avanzata in Europa dei partiti populisti. Una destra più o meno estrema, accomunata però da toni euroscettici e xenofobi.

È un trend che coinvolge i grandi Paesi fondatori dell’Unione, come pure il ricco Nord. Senza dimenticare alcuni tra i giovani Stati membri dell’Est - Polonia, Ungheria, Slovacchia - che oggi già mettono la Ue pesantemente in discussione, rispolverando a volte i toni di una retorica neonazista che sembrava dimenticata. È facile individuare la causa di questa progressiva affermazione nelle due grandi crisi vissute dall’Europa nell’ultimo decennio: quella economico-finanziaria - che ha imposto ai Paesi ricchi una solidarietà sempre più malvista e ha instillato nei più poveri un’insofferenza crescente verso l’austerity imposta dalla Ue - e quella migratoria che, sommata all’emergenza terrorismo, ha prodotto una progressiva chiusura all’interno dei propri confini, al punto da far vacillare conquiste dell’integrazione come la libera circolazione di cittadini e merci. Si tratta però di un fenomeno che ha radici più antiche.

TRE SFUMATURE DI EUROSCETTICISMO

Austria

L’Fpö di Hofer, sconfitto di misura alle presidenziali, non è un movimento nuovo: è il partito che già con Jörg Haider sfiorò il 27% dei voti, entrando al governo. Dopo una netta flessione, ha acquisito nell’ultimo decennio nuovo vigore ed è oggi accreditato del 34% dei consensi in un eventuale voto per rinnovare il Parlamento, teoricamente fissato per il 2018: quanto basta per rendere difficile un governo che lo escluda. Alle tradizionali battaglie xenofobe, si sono aggiunti negli ultimi anni, sotto la guida di Heinz-Christian Strache, toni di crescente euroscetticismo.

Olanda

Per certi versi simile la parabola del Pvv, il Partito per la libertà di Geert Wilders, con la cui personalità controversa sostanzialmente si identifica. Nato nel 2006 come movimento anti-Islam, il partito ha via via accentuato la battaglia contro l’euro e l’Europa, “il mostro burocratico” di Bruxelles. Ha già registrato negli anni picchi nei consensi elettorali (o nei sondaggi), arrivando anche ad appoggiare dall’esterno un governo di minoranza nel 2010. Mai però è stato accreditato del 37% indicato oggi che - se confermato - ne farebbe il primo partito alle elezioni politiche del prossimo marzo.

Francia

Il Front National, fondato nel 1972 da esponenti del movimento neofascista Ordine nuovo, sembrava destinato al declino dopo l’exploit che aveva portato nel 2002 il fondatore Jean-Marie Le Pen al ballottaggio per le presidenziali, ma ha trovato nuovo slancio sotto la guida della figlia Marine, che ha saputo sfrondare il partito degli aspetti più estremisti, allargando la platea dei potenziali elettori. Già forte del 25% di voti ottenuto alle Europee del 2014, cavalcando i temi della sicurezza e l’euroscetticismo crescente, il Fn è ora accreditato di un 30% in vista delle presidenziali del 2017. Non ha molte chance di vittoria, penalizzato com’è dal doppio turno che caratterizza il sistema elettorale francese; sta però influenzando sempre più programmi e linee d’azione politica degli altri partiti, soprattutto quello repubblicano.

Germania

Fondato come movimento euroscettico nel 2013, dall’economista Bernd Lucke, Alternative für Deutschland, rimasto sotto la soglia del 5% al suo debutto, è progressivamente cresciuto. La battaglia contro l’Europa - qui intesa come una zavorra per la florida economia tedesca - si è così saldata alla crescente insofferenza verso le ondate migratorie e verso la politica di accoglienza della cancelliera Merkel, testimoniata anche dalle iniziative del movimento anti-islamico Pegida. Con la nomina a leader del partito di Frauke Petry, il partito ha assunto toni sempre più populisti, al punto da indurre il fondatore e altri europarlamentari a staccarsi. I risultati delle ultime regionali premiano però la nuova linea e nei sondaggi AfD è oggi dato all’11%.

Gran Bretagna

La carrellata non può che chiudersi con la patria dell’euroscetticismo, la Gran Bretagna, il cui alfiere, lo Uk Independence Party, può vantare oggi il 17% dei consensi nei sondaggi. Anche l’Ukip, come il Fn, ha registrato la migliore performance alle ultime Europee (27,5%), ma è penalizzato dalla legge elettorale nelle consultazioni politiche interne. La battaglia chiave per Nigel Farage e i suoi è però quella del 23 giugno: il referendum su Brexit. L’uscita di Londra dalla Ue sarebbe il primo colpo all’architettura europea, destinato forse a non essere l’unico.

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