
NEW YORK - Hillary Clinton è responsabile di gravi violazioni delle regole sulla ciber-sicurezza delle comunicazioni quando era Segretario di Stato nel dirottare le e-mail sul proprio server personale. La conclusione è dello stesso Dipartimento di Stato americano al termine di una indagine interna che ha prodotto un rapporto di 78 pagine del suo ispettore generale.
Il “verdetto” rappresenta un nuovo e potenzialmente serio ostacolo politico sulla strada della candidatura della Clinton alla presidenza degli Stati Uniti.
Potrà essere utilizzato dai suoi avversari, anzitutto i repubblicani guidati dall'ormai sicuro portabandiera Donald Trump, per sostenere che non è qualificata per la Casa Bianca.
Il rapporto interno offre anche spunti al candidato democratico per difendersi: nel mirino sono finiti con lei i suoi cinque predecessori di entrambi i partiti, accusati di simili mancanze. E in generale l'intero Dipartimento è stato criticato per una “debolezza protratta e sistemica” nella gestione delle comunicazioni.
Ma le violazioni della Clinton appaiono decisamente le più preoccupanti. Clinton non aveva ottenuto il necessario permesso dalle autorotà di utilizzare il server privato, afferma il rapporto, e non lo avrebbe ricevuto qualora lo avesse chiesto. «Aveva l'obbligo di discutere l'uso del suo indirizzo personale di e-mail per condurre attività ufficiali», ma non ci sono indicazioni che lo abbia mai fatto.
“Quando era segretario di Stato, Hillary Clinton non aveva il permesso di dirottare le e-mail sul proprio server personale”
Una violazione non da poco: il documento interno indica infatti che «al momento del mandato del Segretario Clinton, le linee guida del Dipartimento erano considerevolmente più dettagliate e sofisticate» rispetto al passato. «Le pratiche di cyber-sicurezza del Segretario di Stato devono dunque essere valutate di conseguenza, alla luce di simili più complete direttive».
Le e-mail diplomatiche della Clinton mentre era alla guida del Dipartimento di Stato, tra il 2009 e il 2013, sono state dirottate - per comodità ha spiegato lei ammettendo solo che non è stata una buona idea - attraverso un server che era situato nello scantinato della sua abitazione privata di New York. Un server esposto a maggiori rischi di compromettere i segreti governativi, come dimostrato da un tentativo di hacking avvenuto nel 2011: in gioco sono oltre 30mila messaggi di posta elettronica, decine dei quali con riferimento a informazioni classificate.
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