La sostenibilità del debito pubblico, non soltanto quella della Grecia oggi ma di tutti gli Stati ultraindebitati tra i quali l’Italia, vale solo se si può estendere e garantire sul lungo termine riducendo al minimo, tra le tante cose, anche la vulnerabilità del debito stesso.
Il complesso e articolato comunicato dell’Eurogruppo sull’accordo con la Grecia tiene conto quindi non soltanto dei fattori che possono e devono essere controllati e gestiti dal Governo greco e dagli esperti dell’Esm o da una futura Trojka - tra i quali il surplus primario, le privatizzazioni, il contenimento della spesa pubblica, la rimodulazione della spesa per interessi e del rimborso del capitale sul debito in essere- ma menziona anche con un certo rilievo i fattori esterni e incontrollabili: l’andamento dei tassi d’interesse (cioè il rialzo del costo del debito), “scenari avversi” (come quelli che si ritrovano sugli stress test bancari) e l’andamento della crescita anche su scala globale.
Tutto questo significa che un Paese con un altissimo debito pubblico rispetto al Pil, per poter raggiungere il traguardo della sostenibilità, deve diventare meno vulnerabile rispetto a shock esterni e venti che soffiano da lontano. Per questo lo stock del debito va ridotto quando c’è crescita, i tassi sono bassissimi e il cielo è sereno.
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