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Intanto si complica il puzzle siriano

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Medio Oriente

Intanto si complica il puzzle siriano

  • –Roberto Bongiorni

C’erano gli Stati Uniti. E c’era pure la Russia. Ma per quanto autorevoli fossero i due maggiori sponsor, l’accordo di cessate il fuoco in Siria è apparso subito come una tregua difficile, contraddittoria e fragile. Tutta in salita. Sin dal giorno della sua firma, lo scorso 27 febbraio.

La misteriosa vicenda che nella notte tra domenica e lunedì ha visto protagonista Mohammed Alloush, leader politico del gruppo filo-saudita “Esercito dell’Islam”, nonché capo dell’High Negotiation Committee (Hnc), una coalizione di gruppi dell’opposizione siriana appoggiata dall’Arabia Saudita presente ai colloqui di pace di Ginevra mediati dall’Onu, solleva non poche perplessità.

Ricorrendo ad un tweet, Alloush ha dato le dimissioni come capo negoziatore. Motivo: i colloqui non avrebbero prodotto alcun risultato sulle questioni umanitarie e di sicurezza. «I negoziati senza fine stanno danneggiando il destino del popolo siriano», ha precisato. Rivolgendo poi pesanti accuse al regime siriano, reo di aver continuato a bombardare le città siriane, e criticando anche la comunità internazionale per non aver garantito la fine degli assedi e l’accesso agli aiuti internazionali, oltre al rilascio di prigionieri. «Ho quindi annunciato il mio ritiro dalla delega e le mie dimissioni» dall’Hnc, ha concluso Alloush.

Ma secondo attenti osservatori Alloush avrebbe voluto «anticipare il suo siluramento». L’Hnc, precisa il quotidiano libanese di sinistra Assafir, «aveva tenuto una lunga riunione a Riad e stava discutendo una serie di decisioni per cambiare la struttura della delegazione dei ribelli». Secondo Assafir i cambi alla composizione della delegazione dei ribelli sarebbero stati voluti dall’Arabia saudita «dietro forti pressioni americane e russe. In particolare di Mosca che vuole escludere le fazioni dai negoziati per i loro legami con i terroristi».

Per quanto numeroso, ben finanziato, e armato, l’Esercito dell’Islam guidato da Alloush è considerato dal Mosca un’organizzazione terroristica. Se non pericolosa come l’Isis e i quaedisti di Jabat al-Nusra, comunque da escludere. E in virtù di questo marchio, suscettibile di essere combattuta anche durante la tregua. Cosa in realtà già accaduta in alcune circostanze. Senza contare che Mosca e Damasco già in febbraio non intendevano includere nella tregua anche Ahrar al-Shams, gruppo di ribelli salafiti, non certo moderati, ma pur sempre una delle organizzazioni più potenti della Siria, presente in quasi tutte le città del Paese. Nemica dell’Isis ma ancora di più del regime di Damasco.

L’opposizione siriana è nervosa. Anche perché Assad può ancora beneficiare del sostegno - e della compattezza - del suo fronte sciita: gli Hezbollah libanesi, ma soprattutto l’Iran. Teheran è da sempre determinata a difendere il regime di Damasco. E l’annuncio rilasciato ieri dal ministro iraniano della Difesa, il generale Hossein Dehqan, ne è l’ennesima conferma. L’Iran continuerà a inviare «consiglieri militari» in Siria e Iraq nell’ambito della lotta contro il terrorismo, ha dichiarato Dehqan. Consiglieri militari che, secondo l’opposizione siriana, spesso si trasformano in truppe sul terreno.

Sono passati ormai più di cinque anni dall’inizio della rivolta siriana, presto degenerata in una cruenta guerra che ha già ucciso 280mila persone, in gran parte civili. I pesanti bombardamenti da parte del regime continuati anche ieri ad Aleppo non preludono certo all’avvio di quella transizione che appare un obiettivo così urgente eppure sempre più difficile da raggiungere.

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