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Esm, in «cassa» solo 372 miliardi

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Esm, in «cassa» solo 372 miliardi

La potenza di fuoco del meccanismo di stabilità europeo «è modesta ed è sostenuta da garanzie limitate», ha detto senza tanti giri di parole il Governatore Visco. Al primo aprile 2016, ultima rilevazione disponibile, l’Esm (European stability mechanism) disponeva in effetti di una capacità di intervento potenziale massima pari a 371,98 miliardi di euro.

Di questa possibile forza d’urto, un totale di 60 miliardi può essere impegnato per la ricapitalizzazione diretta delle banche (nuova funzione del fondo) in quanto le agenzie di rating assegnano agli aiuti alle banche una rischiosità tre volte superiore a quella per gli Stati. L’assorbimento di risorse dell’Esm per 60 miliardi di intervento diretto sulle banche - che può scattare soltanto in seguito al bail-in - sale dunque a 180 miliardi su 372 disponibili. In Europa manca ancora un accordo su un sistema di sostegno finanziario comune (backstop) al Fondo di risoluzione unico in caso di insufficienza delle risorse a disposizione.

La dimensione dell’Esm, dunque, appare modesta quando messa a confronto con l’ammontare del debito pubblico dell’Eurozona, che a fine 2015 è arrivato a quota 9.440 miliardi, equivalente al 90,7% del Pil dei 19 Stati membri. Non esistono infatti forme di «emissione di debito comune», come rilevato da Visco.

Nella Relazione annuale, la Banca d’Italia ricostruisce l’intero sostegno finanziario assegnato ai Paesi in difficoltà (Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna e Cipro) tra il 2010 e il 2015. I finanziatori finora hanno spaziato dai singoli Stati (nei prestiti bilaterali), all’Efsf (il primo fondo di stabilità non più attivo per nuovi aiuti ma solo pregressi), dall’Efsm (il meccanismo di stabilità con risorse finanziarie provenienti dal budget europeo) al Fondo monetario internazionale. Il totale di questi interventi a fine maggio 2016 risultava pari a 429,8 miliardi, contro un totale dei piani di sostegno di 527,4 miliardi.

Il problema, secondo Visco, sta nelle dimensioni inadeguate delle “reti di sicurezza” che mettono l’euro in una “situazione di vulnerabilità” rispetto a shock “di ampia portata”. Nel suo ultimo Bollettino economico, la Bce rileva come dopo l’esplosione della crisi del 2008 il rapporto debito/Pil aggregato dell’area dell’euro abbia raggiunto un picco nel 2014 al 94,5% dal 68,5% del 2007. «Un alto onere del debito pubblico rende l’economia più vulnerabile agli shock macroeconomici», si legge nel Bollettino. La politica monetaria ultraespansiva della Bce ha abbattuto l’onere del debito pubblico: ma non basta. Occorrono, è la tesi di Visco, meccanismi di stabilità adeguati in caso di shock estremi.

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