Mondo

Juppé: «Via le 35 ore, riformare le pensioni. Così…

  • Abbonati
  • Accedi
intervista al favorito per L’ELISEO

Juppé: «Via le 35 ore, riformare le pensioni. Così cambierò la Francia»

Foto Afp
Foto Afp

A meno di clamorose sorprese e di eventi tali da sconvolgere ogni previsione, a decidere chi sarà il prossimo presidente della Repubblica francese saranno le primarie della destra, che si svolgeranno a fine novembre e saranno di fatto delle presidenziali anticipate. La candidata dell'estrema destra, Marine Le Pen, non sembra infatti avere la possibilità di vincere il ballottaggio del 7 maggio 2017. E l'attuale presidente socialista François Hollande, ai massimi storici di impopolarità, non pare in grado di superare il primo turno. Quindi il nome del futuro ospite dell'Eliseo dovrebbe essere quello del vincitore del duello tra l'ex presidente Nicolas Sarkozy e Alain Juppé. E per ora, stando a tutte le rilevazioni, è quest'ultimo a essere nettamente in testa. Storicamente vicino a Jacques Chirac, più volte ministro (tra cui agli Esteri) e premier tra il 1995 e il 1997, dal 1995 (con una breve interruzione dovuta a una vicenda giudiziaria che non ha lasciato il segno) sindaco di Bordeaux (che ha trasformato in una città bella e dinamica), Juppé è un signore elegante, intelligente e colto di 71 anni, in politica praticamente da sempre.

Un moderato, che certo non arringa le folle, non scalda i cuori e “non parla alla pancia del Paese” ma è capace di conquistare i consensi dell'elettorato di centro e persino di una parte della sinistra. Quindi con un potenziale serbatoio di voti – almeno sulla carta – ben più importante rispetto al suo avversario, schierato più a destra.

Stando ai sondaggi, lei sarà il prossimo presidente della Repubblica. Ci crede, ai sondaggi?
Li seguo con attenzione, come tutti. Ma li prendo per quello che sono: una fotografia dell'opinione pubblica in un determinato contesto e in un determinato momento. Sono quindi contento e fiero di essere sostenuto da così tanti francesi, ma quello che conta è vincere tra un anno
Non pensa che l'età possa essere un handicap? Che il Paese abbia bisogno di energie nuove, di volti nuovi, di essere guidato da una persona che appartiene alla generazione del futuro e non a quella del passato?
La giovinezza non è una garanzia di coraggio e di modernità. Quello che conta è il progetto di cui si è portatori, l'autorevolezza che si incarna e il dinamismo che si prova con i fatti. Voglio riformare profondamente la Francia e penso che la mia esperienza mi dia una certa legittimazione.
Leggendo i programmi dei candidati alle primarie della destra si ha l'impressione che un vento liberale (e liberista) stia iniziando a soffiare su un Paese che non ha mai amato le idee liberali. È così? E perché ora?
La politica economica applicata in Francia negli ultimi trent'anni ha fallito, in particolare per quanto riguarda la lotta alla disoccupazione di massa, diventata un veleno economico e sociale. La Francia ha raggiunto dei primati assoluti in tema di pressione fiscale, spesa pubblica e disoccupazione. Credo che i francesi abbiano capito. E si aspettino il ricorso a soluzioni che funzionano ovunque e che noi non abbiamo mai sperimentato: lavorare più a lungo, ridurre il ruolo dello Stato e migliorare la sua efficacia, diminuire il peso della burocrazia, delle norme e dell'amministrazione pubblica, liberalizzare il mercato del lavoro, abbassare il costo del lavoro e le tasse in generale. Il mio obiettivo è fare della Francia una terra accogliente per l'impresa e l'investimento. Il che non significa che lo Stato non debba rimanere forte nelle sue funzioni fondamentali.


Resta il fatto che quando si scorre il suo programma si ha la sensazione di sognare, di essere in un altro Paese. Ci sono quindi due possibilità: la prima è che, come spesso accade, nel programma ci siano promesse che non verranno mantenute; la seconda è che il Paese sia diverso rispetto a quello che si crede e si vede, soprattutto in questi giorni di blocchi, proteste, scioperi, manifestazioni anche violente. Ma davvero la Francia, come dice lei, è pronta ad accettare delle riforme, delle vere riforme?
I dirigenti politici dedicano sempre troppo tempo alla conquista del potere e troppo poco a prepararne la gestione. Cerco di evitare questo problema presentando ai francesi un programma di riforme chiaro e preciso, che parte dalla constatazione della condizione reale della Francia e non sottovaluta le resistenze al cambiamento. Altri Paesi hanno realizzato prima di noi riforme di grande ampiezza e sono riusciti a superare molti ostacoli. Sarà il caso della Francia a partire dal maggio 2017, a condizione di avere le idee chiare su quello che bisogna fare e di ricevere da parte dei francesi un mandato chiaro. È appunto il mandato che chiedo per fare le riforme. Penso che il Paese sia pronto
Quindi crede che in Francia si possano fare le riforme, che si possa cambiare. Eppure lei stesso, quando ha guidato il Governo, ha dovuto indietreggiare di fronte alle resistenze dei conservatori di ogni area politica. Cos'è cambiato allora, se davvero qualcosa è cambiato?
Ricordo che nel 1995 sono riuscito a realizzare una riforma dell'assicurazione malattia tutt'ora in vigore e che non è mai stata rimessa in discussione da alcun Governo, di destra come di sinistra, perché si è dimostrata efficace. Non sono invece riuscito a condurre in porto la riforma dei trattamenti pensionistici speciali – tuttora da fare – che non era stata annunciata durante la campagna presidenziale e non era stata adeguatamente preparata. Ecco perché insisto tanto in questa campagna sull'importanza di annunciare i contenuti del progetto politico e prepararne fin d'ora la concretizzazione. Sono molti i francesi che si aspettano un cambiamento importante. Sono convinto che accetteranno gli sforzi che chiediamo loro se questi sforzi sono annunciati, spiegati, condivisi ed equi.

“Quello che conta è il progetto di cui si è portatori, l'autorevolezza che si incarna e il dinamismo che si prova con i fatti. Voglio riformare profondamente la Francia e penso che la mia esperienza mi dia una certa legittimazione”

 

Quali sono i punti forti del suo programma economico, quelli davvero prioritari ai quali non rinuncerà mai, neppure in presenza di una violenta contestazione?
Concepisco l'elezione presidenziale come un referendum sul programma. Se sarò eletto vorrà dire che il programma è stato convalidato dal suffragio universale! Quanto alle priorità della sua realizzazione, partirei dalla liberalizzazione del mercato del lavoro, aumentando la durata del lavoro, snellendo il codice e in generale le norme, dando alle imprese certezze sui licenziamenti e instaurando un referendum nelle aziende che consenta di aggirare i veti sindacali. Procederò quindi a una riduzione delle imposte che sarà prevista dalla legge di programmazione dell'autunno 2017. Infine alzerò l'età minima pensionabile dai 62 ai 65 anni, per portare in equilibrio una volta per tutte il nostro sistema previdenziale
Come sarà la Francia che immagina tra cinque anni? Sarà davvero così diversa da quella che vorrebbe Hollande? E se sì in cosa?
Se Hollande ha una visione del Paese, ha dimenticato di spiegarcela. Dubito purtroppo che abbia altre aspirazioni oltre a quella di farsi rieleggere, quali che siano le conseguenze economiche per il Paese. Quanto a me, voglio che la Francia si rimetta sulla strada della piena occupazione, torni a essere una terra favorevole all'investimento, al rischio, all'impresa, al successo. Una terra in grado di garantire un futuro ai nostri giovani. Immagino un Paese che abbia ritrovato le proprie forze, che sia tornato a essere uno dei principali motori dell'Unione europea sul piano economico e politico, invece di essere un freno
Pensa che il ministro dell'Economia Emmanuel Macron, pur senza l'appoggio del partito socialista, possa essere un vero outsider nella corsa all'Eliseo?
Di quale Macron parliamo? Del potenziale candidato alle presidenziali che fa delle belle dichiarazioni sulle riforme di cui la Francia ha bisogno o del Macron ministro che fa il contabile dei fallimenti della sinistra nella battaglia contro la disoccupazione? Tanto quanto posso sentire una certa vicinanza con le sue pragmatiche prese di posizione sulla politica economia, mi sembra che il suo lavoro in questi anni al fianco di Hollande non sia in sintonia con quello che dice. E' l'autore di una legge che avrebbe teoricamente dovuto rilanciare la crescita e l'occupazione. Fatta eccezione della liberalizzazione del trasporto passeggeri su gomma riesce a citarmi un'altra misura che abbia creato sviluppo?

Qual è la sua opinione sulla riforma del mercato del lavoro e sul clima sociale che la legge (e la sua gestione) ha creato nel Paese?
Dipende dal testo di cui parliamo. Della versione iniziale del provvedimento, mai arrivata in Parlamento? Di quella presentata in aula e poi emendata in Commissione? Se l'intenzione iniziale del Governo, che puntava a una parziale liberalizzazione del mercato del lavoro, poteva essere giudicata positivamente almeno su alcuni punti, in particolare quello dei tetti alle indennità di licenziamento, il testo finale è stato svuotato delle misure che avevano un senso per non contenere ormai altro che articoli potenzialmente pericolosi per le imprese, in particolare le piccole e medie. E sul piano politico com'era possibile immaginare che Hollande, il quale non è stato eletto per questo, potesse trovare il consenso compatto della sua maggioranza su una riforma del mercato del lavoro? Il solo candidato alle primarie socialiste, nel 2011, a fare queste proposte era il premier Manuel Valls. Che raccolse il 6% dei consensi. Mentre l'attuale presidente dichiarava guerra alla finanza! Hollande è quindi il principale responsabile di questo disordine. Aggiungo che far intravvedere a priori il possibile ricorso alla fiducia, per far passare la legge aggirando il dibattito parlamentare, era il modo migliore per irrigidire i deputati già ideologicamente restìi a votare il provvedimento e i sindacati che aspettavano solo un pretesto per scatenare la protesta.

© Riproduzione riservata