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presto un’altra sede nella silicon valley

A Parigi «42», come funziona la scuola dei geek: gratis senza professori

Se avete un'età compresa tra i 18 e i 30 anni e qualche nozione di informatica, non sapete bene cosa fare del vostro futuro ma vi piace l'idea di un lavoro creativo sviluppando programmi, magari non avete neppure un diploma e i quattrini che servirebbero per garantirvi una buona formazione ma fantasia da vendere, voglia di imparare, di mettervi in gioco, e non siete dei solitari incalliti, esiste una scuola che fa per voi. Si chiama “42” e sta in un cubo moderno con opere di arte contemporanea alle pareti ai margini di Parigi, appena prima del Périph e a due passi dalla Porte de Clichy, una sorta di Ufo in uno dei quartieri più maghrebini della capitale.

L'hanno creata, nel 2013, Xavier Niel – il fondatore di Free, l'uomo diventato miliardario sconvolgendo il settore delle tlc francese, potenziale azionista di Telecom Italia – e altri tre. Tra cui il direttore Nicolas Sadirac, simpatico quarantottenne in T-shirt nato a Bordeaux, studi negli States e alle spalle una già lunga carriera alla guida di Epitech, università privata che ha inventato e fatto diventare in 15 anni un punto di riferimento nell'insegnamento di information technology, con 5mila studenti in 13 città.

Aperta 24/7
Una scuola senza professori e senza corsi, che non rilascia diplomi, gratuita e aperta 24 ore su 24 sette giorni su sette. Una scuola rivoluzionaria, diversa fin dal nome, preso in prestito dalla “Guida galattica per autostoppisti” di Douglas Adams, libro culto della “geek generation” (alla “domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto”, il supercomputer Pensiero profondo, dopo un'elaborazione durata 7,5 milioni di anni, risponde appunto “42”). «Conosco Xavier da 25 anni – racconta Sadirac – e di questo progetto parlavamo da tempo. Partendo sostanzialmente da tre considerazioni. La prima è che la Francia, quinta potenza economica mondiale, era al 22° posto nel settore dell'It, con una drammatica carenza di sviluppatori. La seconda è che la formazione offerta dalle pur buone scuole tradizionali era poco performante, troppo tecnico-scientifica e poco creativa, quando invece c'è bisogno di talenti più che di eccellenti esecutori. La terza è che in Francia c'è un tasso altissimo di abbandono scolastico, di ragazzi che magari hanno formidabili capacità in alcuni campi ma vengono espulsi da un sistema troppo rigido».

«Le cito – aggiunge Sadirac – un episodio emblematico. Alcuni anni fa a Epitech, dove le rette sono di circa 9mila euro all’anno, abbiamo creato una “web academy” gratuita per ragazzi di 15-16 anni che hanno abbandonato gli studi, provenienti dai cosiddetti “quartieri sensibili”. Una di queste studentesse è poi andata a lavorare a Free e andava fortissimo, un vulcano di idee e di entusiasmo. Una che tre anni prima campava vendendo criceti in un negozio di animali. Ecco, 42 è in qualche modo una scuola per gente “out of the box”. Ed è un errore pensare che Niel la finanzi perché ha bisogno di genietti per la sua azienda. Se l’obiettivo fosse stato questo avrebbe potuto farsi una cosa sua, spendendo molto meno, e non una scuola che fornisce sviluppatori al mercato, quindi anche ai suoi concorrenti. No, è roba da mecenate intelligente».

La guida galattica per autostoppisti
Già, perché per questa operazione Niel ha messo sul piatto 100 milioni di euro del suo patrimonio personale (stimato da Forbes in circa 9 miliardi): 20 per l’acquisto e la ristrutturazione dell’edificio da 4.200 metri quadrati e gli altri per garantire dieci anni di funzionamento (la scuola costa circa 7 milioni all'anno). «E ci ha imposto – dice Sadirac – di non riflettere al possibile modello economico della scuola per almeno sette anni. In realtà è difficile non pensarci. Tanto più che l’idea di fondo è relativamente semplice e il meccanismo dovrebbe scattare quasi automaticamente: il finanziamento futuro dovrebbe essere assicurato dai fondi provenienti dagli ex studenti che hanno fatto i soldi. Basti pensare che hanno già creato una sessantina di start up».
Non ci sono percorsi didattici, con corsi e programmi, ma l’equipe pedagogica (una quindicina di persone) che mette a punto i progetti sui quali devono lavorare gli studenti calcola che mediamente per arrivare in fondo (cioè raggiungere i 21 punti “esperienza”) servono tre anni. Visto che ci sono tre sale con mille Mac e che stando a quel che dice l’algoritmo è mediamente presente un terzo degli studenti, i posti disponibili sono circa mille all’anno.
Il primo anno i candidati erano 50mila, nel 2014 65mila e l'anno scorso 80mila. La prima scrematura avviene con dei test online. L’anno scorso li hanno superati in 20mila. Sadirac e i suoi scelgono i primi 3mila che, a gruppi di mille, passano alla “piscina” (chiamata così perché il senso è che tutti vengono buttati in acqua e sopravvive chi impara a nuotare).

“La piscina è un vero percorso di guerra, uno stage di sopravvivenza.”

 

La selezione? Ti buttano nella “piscina” e impari a nuotare
La piscina è un vero percorso di guerra, uno stage di sopravvivenza. I candidati arrivano nella scuola e non c’è nessuno ad accoglierli, nessuno a spiegare nulla. Vanno a sedersi davanti a un computer sul quale c'è scritto “clicca qui”. Cliccano e parte un percorso che dura quattro settimane e che funziona un po’ come un videogioco: ogni volta che hai risolto un pezzo passi a quello successivo, più impegnativo. Ci sono anche trappole, memorie cancellate, dentro un salone dove regna il caos più totale, senza orari e senza regole. Serve anche per testare le capacità di gestione dello stress in un ambiente difficile. I mille (o 900, 0 800) che arrivano in fondo diventano studenti della “42” (età media 22 anni).
Iniziano cioè un percorso formativo sostanzialmente autogestito. L’equipe pedagogica fornisce loro progetti (di sviluppo programmi, essenzialmente) di volta in volta più complessi. Ognuno dei quali dà diritto a dei “punti esperienza”. A “validare” il progetto, cioè a verificare che il lavoro sia corretto, sono altri studenti, più avanti nella formazione, che hanno dato la disponibilità a fare da correttori (da tre a cinque, ma singolarmente, a seconda della difficoltà del progetto).

La scuola “42” alla periferia di Parigi

Nei tre anni (ma i più bravi arrivano a 21, che non è altro che la metà di 42, in 18 mesi) ci sono anche due stage di sei mesi in un’azienda partner (l'anno scorso sono arrivate 11mila richieste). E in 600 casi gli stage dei 750 ragazzi del primo anno si sono trasformati in contratti, la maggior parte dei quali a tempo indeterminato.

Claudio Mutti, 19 anni, di Parma: si impara facendo e sbagliando
Claudio Mutti, diciannovenne di Parma che ha fatto la “piscina” in settembre e iniziato la scuola in novembre, dopo il liceo scientifico, è entusiasta. «Ci sono – spiega - almeno quattro cose formidabili: un ambiente molto eterogeneo, probabilmente spiegabile con la gratuità e con il fatto che il 40% dei ragazzi non ha un diploma, quindi ci sono numerosi autodidatti, con cui confrontarsi e con il quale probabilmente non sarei mai entrato in contatto; il fatto che non ci sia alcuna nozione che arriva dall'alto, si impara facendo e sbagliando; gli hackathon con le imprese su progetti che presentano loro, quindi il confronto con un mondo reale e problemi molto concreti; infine l’obbligo a lavorare in gruppo, ma con la valutazione basata sul livello del più debole, il che costringe a non sviluppare un atteggiamento ipercompetitivo ma un vero spirito di squadra. Come sono messo? Ho 7,4 punti esperienza, quindi in linea con il percorso medio».
Il successo dell’iniziativa parigina ha spinto Niel&Co a esportare il modello. A Fremont, in piena Silicon Valley, anche se Sadirac nega che questo fosse il vero obiettivo: «Abbiamo visto anche delle cose a New York. Poi c'è stata questa opportunità». L’opportunità è l’ex sede di un’università da 10mila metri quadrati con 300 posti letto per gli studenti (presto ci saranno alloggi per i ragazzi anche a Parigi). Aprirà al più tardi ad agosto, con mille studenti che a termine diventeranno 9-10mila. Niel ha garantito altri 100 milioni (di dollari), poi si vedrà.
«Negli Stati Uniti – dice Sadirac – ci sono problematiche sostanzialmente analoghe alle nostre: mancano sviluppatori, i costi di una formazione classica sono molto alti e con l’abbandono scolastico si perdono per la strada dei possibili talenti». E la California è solo la prima tappa di un progetto sempre più ambizioso: entro tre o quattro anni una “42” aprirà in Asia, probabilmente in Cina. Poi sarà la volta dell’Australia. E magari dell’Africa.

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