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Hillary al traguardo della nomination

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USA

Hillary al traguardo della nomination

  • –Mario Platero

NEW YORK

Se Hillary Clinton ha già vinto la nomination democratica e si rafforza, Donald Trump si indebolisce. Partiamo dall’ennesima pagina di storia americana scritta alla fine di queste straordinarie primarie: comunque andranno le cose a novembre, Hillary resterà la prima donna ad aver mai conquistato la nomination per la corsa alla Casa Bianca. Un primato che ha entusiasmato, ha portato quell’elemento di novità che le mancava rispetto alla candidatura Trump e che ha aperto una nuova era per le donne americane.

Ma c’è qualcosa di più. L’aver raggiunto questo risultato prima del voto di ieri in California, in New Jersey, in New Messico e in South Dakota è stato, al di là della Storia, molto importante sul piano psicologico nel suo confronto con Donald Trump: anche lei, come lui, ha vinto prima della fine della stagione delle primarie. Anche lei, come lui, avrà ora la strada spianata per concentrarsi solo sulla Convention e sullo scontro dell’otto novembre. Dopo un lungo periodo di difficoltà infatti e dopo aver perso troppe volte contro Bernie Sanders, la sua posizione di immagine d’ora in avanti non potrà che migliorare. Lo stesso non si può dire di Donald Trump reduce da un confronto negli ultimi giorni che ci rivela come la sua posizione di immagine non potrà che peggiorare.

Dopo essere stato attaccato da Newt Gingrich per le sue dichiarazioni razziste contro il giudice Curiel, giudice texano di origine messicana che doveva occuparsi di un suo caso, ieri Trump è stato definito “razzista” dal presidente della Camera repubblicana Paul Ryan:«Continuo ad appoggiare Donald Trump nella sua corsa per la Casa Bianca, ma le sue dichiarazioni non sono condivisibili e sono razziste». Questo è un punto chiave: se il leader dei repubblicani in Parlamento definisce «razzista» il candidato del partito, vuole dire che ci sono molti elementi per giustificare l'attacco. E se è vero che purtroppo i razzisti e i bigotti ci sono in America come in mille altri paesi del mondo, Italia inclusa, è anche vero che la stragrande maggioranza degli americani è contro il razzismo, non lo perdona e non lo accetta. Lo sviluppo di questi ultimi giorni non promette bene per Trump: oltre al razzismo quali altri elementi finiranno per “disturbare” l’elettore americano medio e di centro? La sua simpatia per dittatori e regimi autoritari? Il suo atteggiamento retrogrado nei confronti delle donne? La sua disinvoltura su questioni vitali come l’uso della bomba atomica? Da ieri la partita è cambiata. Le reazioni alle sue stravaganze non saranno più moderate da un voto lontano per la Casa Bianca. E le possibilità di scivoloni, come quello dei commenti sul giudice, aumenteranno da qui ai prossimi mesi. E visto che la battaglia di novembre sarà comunque combattuta, moltissimi, all’ultimo momento, non se la sentiranno di dargli il voto perché non solo è un uomo polarizzante ma invece di guardare in avanti è un politico che guarda all’indietro, a un’America che non esiste più e non potrà mai ritornare.

Il caso del giudice Curiel è un esempio classico dei sui problemi. Trump aveva dichiarato pubblicamente che il giudice texano avrebbe avuto un atteggiamento parziale nella causa che gli è stata affidata contro di lui e le sue università, considerate da molti truffaldine. Una prevenzione dovuta alle posizioni di Trump sul Messico. Il tono razzista ha stupito tutti- È come se si fosse superato il segno. Il giudice Curiel, stimatissimo, è nato in America e rappresenta l’emblema stesso del sogno americano e dell’integrazione, valori centrali per gli Stati Uniti d'America. «Trovo la posizione di Trump indifendibile» ha detto Gingrich, che fu uno dei più potenti ed efficaci leader del partito negli anni ’90.

Ma la questione del giudice Curiel, si è improvvisamente trasformata in una vicenda polarizzante. E ha confermato in numerose interviste televisive la sua posizione estendendola ai giudici musulmani: «Non ho nulla di cui scusarmi -ha detto- anzi posso anche dirvi che quelo che ho detto è quello che pensa la gente senza dirlo». Da qui le accuse di razzismo, quelle di aver spezzato la radice più profonda del sogno americano, quella che prevede appunto l’integrazione di persone di etnie e religioni diverse in un unico crogiuolo razziale. Non la strada migliore per vincere le elezioni che, in questo paese come in molte altre democrazie industriali avanzate, si vincono al centro.

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