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I nuovi esclusi? I disoccupati di lungo periodo

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I nuovi esclusi? I disoccupati di lungo periodo

  • –di Irene Giuntella

La disoccupazione di lungo periodo sta diventando un problema strutturale in Europa: Grecia, Spagna e Croazia le più colpite da questo fenomeno. L'Italia, secondo uno studio del think tedesco Bertelsmann Stiftung, è settima su ventotto per il più alto tasso di disoccupazione nel lungo periodo rispetto alla percentuale di forza lavoro. Più a lungo una persona rimane senza lavoro più difficilmente riesce ad accedere nuovamente al mercato del lavoro. La disoccupazione prolungata colpisce soprattutto i più giovani nel nostro paese.

In Europa nel 2015 si contano 22 milioni di disoccupati, di questi almeno la metà è rimasta senza occupazione per oltre un anno, un terzo per più di due anni. In Italia, se si sommano gli inattivi che vorrebbero lavorare ai disoccupati di lungo periodo, il 13,3% della forza lavoro è costantemente senza occupazione, quasi come in Spagna 14,3 % e in Grecia 15,6%.
Nel nostro paese è difatti alto il tasso di “disoccupazione nascosta”(9.1% della popolazione inattiva in età lavorativa), ossia lavoratori fuori dalla forza lavoro, non inclusi nei dati Eurostat, che scoraggiati hanno abbandonato la ricerca di un impiego e non partecipano a misure per la formazione ma vorrebbero lavorare.
I due terzi dei disoccupati in Italia, il 59,1%, non hanno un' occupazione da oltre un anno. Gli unici paesi che superano questo livello di disoccupazione a lungo termine sono la Grecia, la Bulgaria, la Slovacchia e la Croazia.

Questo dato, secondo quanto sostengono gli autori, significherebbe che la disoccupazione è piuttosto radicata in Italia: il 40% degli inoccupati è senza lavoro da oltre due anni. E anche per quanto riguarda l'occupazione giovanile, l'Italia è tra i paesi con la più alta disoccupazione su lungo periodo per i ragazzi di età compresa tra i quindici e i ventiquattro anni : 20% contro la media Ue del 14 .7% . Mentre solo il 7.2% degli inoccupati da tempo , è rappresentato dalla fascia della popolazione più avanti con l'età, tra i cinquantacinque e i sessantaquattro anni, posizionando l'Italia al secondo posto dopo la Romania, per la percentuale più bassa tra i disoccupati di lungo termine di questa fascia di età. I lavoratori in età più avanzata in Italia, sembrano avere più garanzie contro la disoccupazione, si legge nello studio.
Nel 2013 due terzi della popolazione Ue che era inattiva, non lavorava e non partecipava a programmi di formazione, era rappresentato dalle donne. Ma le donne sono anche quelle che mostrano sempre di più volontà di lavorare. In generale nella maggior parte dei paesi Ue tra il 2008 e il 2014 è aumentata tra gli inattivi la volontà di avere un lavoro.
«La disoccupazione di lungo periodo è diventata un fenomeno di massa in alcuni paesi e rappresenta una minaccia per la ripresa economica in Europa. Non colpisce solo le finanze pubbliche, ha anche un impatto negativo su quanti sono lasciati fuori dal mercato del lavoro per troppo tempo e per questo perdono fiducia nei governi e nell'economia di mercato», ha affermato Aart De Geus, presidente del think tank Bertelsmann Stiftung.

“La disoccupazione di lungo periodo è diventata un fenomeno di massa in alcuni paesi e rappresenta una minaccia per la ripresa economica in Europa”

Aart De Geus, presidente del think tank Bertelsmann Stiftung 

Ad alto rischio di disoccupazione di lungo termine sono maggiormente le persone con scarse qualifiche in quasi tutti gli stati Ue (5.9%), e ciò vale anche per l’Italia : nel 2014 quasi il 10.9% delle persone con poche qualifiche era disoccupata da oltre un anno rispetto al 7.1% delle persone con un livello medio di competenze e il 3.8% degli altamente qualificati. Uno su due degli inoccupati da oltre un anno possiede un basso livello di competenze (47,3%), 43,1 % ha competenze medie, il 9.6% è altamente qualificato.

Lo stesso non si può dire per la Grecia, la Spagna e la Croazia dove la disoccupazione di lungo periodo colpisce fortemente anche i lavoratori mediamente (oltre il 10%) e altamente qualificati (oltre il 5%). Nei paesi con alti livelli di inoccupazione di lungo periodo si evidenzia una crescente mancanza di incontro tra domanda e offerta nel mercato di lavoro.

In Europa in generale, scrivono gli autori della ricerca, servirebbe una riforma dei servizi pubblici per l'impiego per renderli più efficienti, cosa che in Italia rappresenta un vero problema. Nel 2013 il numero dei disoccupati iscritti ai servizi per l'impiego in Ue era meno del 50%. L'Europa dovrebbe aumentare il budget destinato alle misure di supporto per facilitare il rientro nel mercato del lavoro dei disoccupati. L'Italia dovrebbe in particolare aumentare le risorse per i benefits di disoccupazione e l'assistenza sociale, che finora sono ancora scarse e potrebbero invece portare ad una strategia più equilibrata per reinserire la popolazione inattiva e i disoccupati.

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