Mondo

Dossier Quando il rischio Brexit si somma al virus dei tassi negativi

  • Abbonati
  • Accedi
Dossier | N. (none) articoliReferendum su Brexit

Quando il rischio Brexit si somma al virus dei tassi negativi

In un fisico già debilitato, ogni ulteriore patologia crea situazioni critiche. La Brexit, ossia l’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue, fa danni laddove minori sono gli anticorpi: in eurozona (e all’interno di essa in Italia e nei Paesi periferici) e sui mercati emergenti. Nelle sole ultime 4 sedute, le borse dell’area euro hanno perso il 6,1% (-7,3% Piazza Affari) e gli emergenti il 3,3%: contro il “trascurabile” -1,1% di Wall Street. La precarietà italiana (o spagnola) è misurata dall’aumento dello spread del Btp sul Bund: 16 punti in 9 sedute e 40 da inizio anno. E i mercati inglesi? Nelle ultime 4 sedute il Footsie ha perso nemmeno la metà dello Stoxx euro (-2,9%) e lo spread del Gilt sul Bund è addirittura sceso di 10 centesimi a giugno.

La spiegazione è ovvia. Qualsiasi cosa succeda al referendum del 23 giugno, la Gran Bretagna può contare sulla propria (forte) banca centrale; ma in Italia, Spagna (e gli altri Paesi periferici), l’eventuale Brexit metterebbe in discussione l’impianto stesso della moneta comune. Si dirà che l’euro non sembra soffrire, ma sui mercati l’euro è percepito come la valuta della Germania. Una valuta rifugio, alla pari del dollaro, come dimostra la corsa a comprare Treasury e Bund. E pure titoli in yen. Ma tra i malati c’è anche il Giappone, che soffre dello stesso male dell’eurozona: i tassi e i rendimenti negativi. Non a caso, da inizio anno il settore bancario ha perso a Tokyo il 33%, un po’ meno di Milano (-46%) e un po’ più dello Stoxx banche (-29%). A Wall Street appena il 10%.

© Riproduzione riservata