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Iridium Next: la nuova costellazione di satelliti che popolerà il cielo

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reportage

Iridium Next: la nuova costellazione di satelliti che popolerà il cielo

Sul finire degli anni 90, nelle tv italiane si vedeva un intrepido Giovanni Soldini in mezzo all'oceano, in uno spot per la Tim (i telefonini di Telecom Italia). Il velista stava girando il mondo in solitaria (quando salvò pure la “collega” Isabelle Autissier da un naufragio). Ma riusciva a rimanere in contatto con il resto del mondo. Aveva in mano un grosso telefono con una gigantesca antenna: era un telefono satellitare. Lo costruiva l'americana Iridium.

Venti anni dopo, quell'immagine sembra preistoria. Quei mastodontici telefoni sono scomparsi, non è però scomparsa la telefonia satellitare. E non è scomparsa Iridium. I satelliti, che nella mente evocano immagini di razzi e allunaggi, in stile Apollo 13, sono entrati ormai nella vita quotidiana. Così quotidiana chela gente nemmeno se accorge. Ogni volta che si cerca sullo smartphone con Google Maps un ristorante o una via, tutti usano dati satellitari. Dai telefonini al meteo, dal traffico aereo alle navi cargo in mezzo all'oceano: i satelliti controllano tutto.

Dal Deserto dell'Arizona allo Spazio
La scena si sposta a Gilbert, sobborgo di Phoenix, nel deserto dell'Arizona. Il panorama è un alternarsi di ville monofamiliari basse e larghe, centri commerciali, viali di palme e aiuole curate, il liceo in stile finto-neoclassico, chioschi di hamburger e patatine fritte. L'Arizona è il profondo Sud, la vera provincia americana. Non ci sono grattacieli qui, ma una distesa sterminata di case di un solo piano. Sembra la scenografia di un film di Hollywood, tanto è stereotipato. Quello della Orbital ATK è un capannone squadrato alla periferia di Gilbert. La grossa bandiera americana che sventola all'ingresso è mezz'asta (per il lutto nazionale dopo la strage di Orlando, l'ennesima sparatoria negli ultimi anni della storia degli Stati Uniti).
Dentro, però, si lavora senza sosta per assemblare decine di satelliti da consegnare a Iridium. E' uno stabilimento off limits: normalmente nessuno può entrare. Le immagini che il Sole 24 Ore offre ai propri lettori sono un'esclusiva mondiale per l'Italia. Da qui escono i satelliti della nuovissima generazione Iridium Next.

Il 2016 sarà un anno cruciale per l'azienda fondata dalla compagnia telefonica Motorola (la casa dello StarTac, oggi di fatto scomparsa, inserire link ad articolo di approfondimento e poi “salvata” dall'italo-americano Dan Colussy): sarà lanciata una nuova costellazione di 82 satelliti, a 20 anni dalla prima (quella di Giovanni Soldini, appunto). A costruire l'intera flotta è l'europea Thales Alenia Space, la joint venture italo-francese tra Thales (67%) e Leonardo-Finmeccanica (33% via Alenia).
Da settembre fino alla fine del 2017, la nuova costellazione Iridium Next entrerà man mano in orbita. Al ritmo di un satellite a settimana, i transponder usciranno da questo anonimo capannone. Saranno caricati, a gruppi di 2 alla volta, su uno speciale camion che li porterà in California, alla base militare di Vanderbegh, dove un razzo li spedirà nello spazio. Il primo lancio è in calendario a settembre.

Cambio della guardia in orbita
Dopo due decenni di onorato servizio, la vecchia costellazione di Iridium, 66 satelliti sopra le nostre teste 24 ore al giorno tutti i giorni dell'anno, andrà in pensione. E' arrivata a fine vita. Una volta in orbita attorno alla Terra, i satelliti sono alimentati da una batteria solare e da propellente (per aggiustare la posizione). Ma prima o poi il “carburante” finisce e il satellite muore: costa troppo rifornirlo. Così, viene “spento” e fatto cadere. Si distrugge con la velocità e il calore entrando nell'atmosfera terrestre.
I primi 2 satelliti del nuovo gruppo sono stati terminati (e consegnati con una cerimonia alla presenza di Matt Desch ceo di Iridium ). E' una pietra miliare nella storia del consorzio e nella storia dell'industria satellitare. Iridium gestisce la più grossa costellazione commerciale privata al mondo: i suoi transponder sopra laTerra, distribuiti su 6 fasce orbitali, coprono tutto il pianeta, cosa che nessun altro fa. E ora si appresta a distruggere l'attuale flotta, sostituendola con una nuova (e questo è il motivo per cui per la prima volta in 20 anni ha potuto aprire le porte ai media: non c'è pericolo se la concorrenza potrà vedere dei macchinari destinati a diventare “fuori commercio” in breve). Saranno sempre 66 satelliti, ma se ne costruiscono 82 perché 6 andranno in orbita come “riserva” (nel caso qualcun dovesse avere un guasto) e altri 9 rimarranno a terra come simulatori.

Iridium chiama Italia
Ci sono voluti 6 anni e mezzo, 3 miliardi di dollari di budget e 10 milione di ore lavoro, al consorzio Thales Alenia Space, guidato dal francese Bertrand Maureau per costruire i satelliti Iridium Next. “E' la più grossa commessa mai assegnata nella storia dell'industria satellitare: la costellazione non ha precedenti, per questo siamo onorati di essere stati scelti” ha commentato il numero uno francese. C'è anche un grosso pezzo di Italia che andrà in orbita tra 3 mesi. Buona parte della componentistica, ogni satellite è composto da ben 5mila parti, è costruita negli stabilimenti di Alenia a Torino (pannelli), Roma (trasmettitori di banda KA) e l'Aquila (computer e piattaforme). Tutte la parti dei satelliti vengono assemblate qui in Arizona, nello stabilimento della Orbital, dopo aver viaggiato da ogni parte del mondo (il consorzio dei satelliti è per il 50% italo-franco-belga, per il 37% statunitense, più Svezia e Inghilterra).

Un'industria in orbita
Telefonini che fanno di tutto, dalla banca alla prenotazione dei taxi, sempre connessi; automobili collegate a sistemi di navigazione gps; pale eoliche in mezzo ai monti da monitorare. La domanda di banda larga e di connessione è in continua crescita. In un mondo iper collegato, ci vuole sempre più internet. E sempre più viene dal cielo. Ecco che l'industria dei satelliti per le Tlc, che sembrava finita su un binario morto, e' in pieno boom. Nel 2014 sono stati lanciati in orbita qualcosa come 208 satelliti (il doppio del 2013): sempre nello stesso anno, secondo il database di Bloomberg, l'industria ha mosso un giro d'affari di oltre 200 miliardi di dollari. La metà dei ricavi viene dalla vendita di connessione al mercato consumer: telefonia, tv e internet. Un Eldorado su cui si stanno buttando anche multinazionali come i costruttori di aerei Boeing ed Airbus, e aziende militari del calibro di Lockheed Martin.

L'enorme quantità di satelliti (dal1957, anno del primo Sputnik, a oggi si calcola siano stati circa 6mila) ha portato a valle anche a un incremento dei lanci (che si stima possano aumentare del 30% nei prossimi5 anni). Quello de razzi per i lanci, a sua volta, è un business ricchissimo dentro il business dei satelliti: 6 miliardi di dollari della torta complessiva dei 200. A spartirsela una manciata di aziende e consorzi (Arianespace, Eutelsat e SpaceX).
Nel caso di Iridium Next, i soli lanci costeranno 700 milioni, e se ne occuperà proprio Space X, la società del magnate americano Elon Musk che lavora pure per la Nasa e Google. Segno della crescente domanda è che Space X ha un'agenda di lanci spaziali fittissima. Quelli per Iridium però sono i più complicati e impegnativi mai fatti: quasi 900 chili di peso, un satellite è lungo poco meno di 3 metri e alto 1,5. In orbita, si dispiegano i pannelli solari che alimentano parte delle batterie, e l'apertura alare diventa di 15 metri. Per contenere i costi e per evitare tempi lunghissimi, su ogni razzo vengono montati 10 satelliti: fanno 8 tonnellate da portare fuori dall'atmosfera. Ci vorranno 7 lanci per portare in orbita la costellazione che per i prossimi 20 anni farà muovere la gente e sorveglierà il pianeta.

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