LONDRA. L’addio di Londra all’Unione europea ha la forma di una dettagliata road map che nei progetti di Leave dovrà concludersi con l’agognata “exit” entro la fine del 2019. Il ministro per i rapporti con il parlamento fervente euroscettico ha in mente un percorso preciso in caso di vittoria dei brexiters. Subito dopo il voto Londra non chiederà l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona che fa scattare i due anni di tempo per concludere i negoziati al termine dei quali – anche se le intese sono incomplete – scatta l’espulsione del socio riluttante.
Le trattative fra Londra e l’Ue, secondo quanto Grayling ha spiegato in un’intervista al Financial Times, dovranno essere inizialmente informali per «legare le intese commerciali bilaterali ad altri aspetti del negoziato». Entro il 2018 la Gran Bretagna dovrebbe essere pronta ad avviare la legislazione necessaria per cancellare lo European Communities Act che dal 1972 – con le successive modifiche - regola le relazioni fra Londra e Bruxelles. «Non vedo per quale motivo non si possa essere fuori dall’Unione prima delle prossime elezioni» ha detto Chris Grayling precisando che entro la data delle politiche del 2020 dovranno essere compiuti tutti i passi necessari per limitare i poteri delle Corti europee e bloccare la libera circolazione dei lavoratori. Londra riprenderà al più presto i poteri di fissare l’Iva su alcuni prodotti a cominciare dall’energia (continua a far scandalo la tassa sugli assorbenti igienici che la Gran Bretagna contesta ), avvierà negoziati per intese commerciali bilaterali, metterà in cantiere una tessera-punti per concedere il permesso di soggiorno con una procedura simile a quella in vigore in Australia.
Per far fronte all'immigrazione intra Ue, passaggio-chiave della campagna referendaria, secondo il ministro dissidente del governo Cameron, potrebbe essere necessaria un'immediata legge d’emergenza. Qualora Brexit innescasse un assalto alle frontiere del Regno Unito, ha argomentato Chris Grayling, dovremo essere pronti per agire subito. Un elenco che sembra considerare un benevolente atteggiamento dell’Unione verso il partner in uscita. Atteggiamento di cui fino ad ora non c’è traccia nella dichiarazioni dei leader Ue.
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