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Dossier Fmi: da Brexit impatto fino al 5,6% sul Pil britannico

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Dossier | N. (none) articoliReferendum su Brexit

Fmi: da Brexit impatto fino al 5,6% sul Pil britannico

LONDRA - «L’adesione all’Ue ha reso il Regno Unito economicamente più ricco facendone un Paese più eccitante, più creativo, più diversificato». Christine Lagarde ha accompagnato con queste parole il rapporto del Fondo monetario sullo stato dell’economia britannica e sulla corposa appendice dedicata alle conseguenze eventuali di Brexit. Il referendum è considerato da Fmi “il maggiore rischio che minaccia lo scenario di base dell’economia” del Regno Unito. E l’analisi del Fondo non lascia spazio a interpretazioni. Il danno potenziale oscilla nel 2019 fra l’1,5% (scenario limitato ) e il 5,6% (scenario avverso) del prodotto interno lordo, una contrazione che incenerisce la prospettiva di crescita prevista che, in caso di vittoria di Remain, dovrebbe confermarsi a 1,9% nel 2016 e 2,2% nel 2017. Nel 2017, anche secondo l’organismo internazionale, Londra entrerebbe in recessione con un meno 0,8 nello scenario più infausto. «Il voto – dice il Fondo – è decisione che spetta all’elettorato britannico, ma il saldo netto di una separazione dall’Unione europea deve essere considerata significativa e negativa». Come dire non un incidente di percorso rammendabile con qualche aggiustamento di politica monetaria o fiscale, ma un effetto importante capace – a dare retta ai numeri – di spingere Londra in recessione.

SULLA CRESCITA DEL PIL
Variazioni percentuali. (Fonte: Fmi)

In realtà Brexit morde già l’economia del Regno Unito. Fmi, su questo punto, concorda con la Banca d’Inghilterra e con i maggiori istituti di analisi economica, univoci nel dichiarare che il raffreddamento in corso ha un colpevole. «Il prossimo referendum è fra le ragioni di incertezza che sembrano all’origine della crescita più lenta». Le previsioni di quasi tutti gli osservatori a fine 2015 suggerivano una progressione del Pil nel 2016 attorno al 2,2% mentre le ultime proiezioni concordano su dati inferiori al 2. Se vincerà Remain, scongiurando in tal modo l’uscita dall’Ue, il Fondo monetario, prevede un progressivo assestamento economico e il ritorno a breve verso il 2,2% così come anche l’inflazione dovrà marciare verso il target.

L’organismo guidato da Christine Lagarde ammette che dare una valutazione precisa del danno è difficile e sembra affidarsi alle considerazioni che la stessa direttrice generale fece nelle scorse settimane, quando definì l’impatto di Brexit entro una forbice che muove fra il «cattivo e il pessimo». A determinare dove si collocherà la lancetta del barometro saranno le intese post- exit che Londra saprà trovare. «L’iter di uscita dall’Unione europea non è mai stato realmente provato e la ratifica del new deal impone unanimità, esponendo l’intera trattativa a un forte rischio politico…un accordo a livello Ue copre anche le relazioni commerciali con 60 Paesi non Ue, pertanto il Regno Unito dovrebbe negoziare simultaneamente altrettante intese bilaterali». La mossa più semplice (impatto economico limitato) sarebbe l’uscita dall’Ue e l’adesione allo Spazio economico europeo con Norvegia, Islanda e Liechtenstein, passo che però espone Londra alle stesse problematiche che la spingono, ora, a volersi distanziare da Bruxelles. «La scelta all’estremo opposto (scenario avverso, ndr) – nota Fmi – è il ritorno alle regole commerciali della Wto, ma questo finirebbe per creare barriere non tariffarie non previste dalle norme dell’organizzazione mondiale del commercio...».

SUL LIVELLO DEL PIL
Differenza % dallo scenario di base. (Fonte: Fmi)

L’effetto ultimo di Brexit e dei nuovi potenziali equilibri che Londra dovrà ricercare per l’Fmi è piuttosto evidente. «L’uscita dall’Ue alzerà ostacoli al commercio e al flusso finanziario fra Ue e Regno Unito… Il Paese risulterà meno attraente come destinazione di investimenti (Londra è regina europea nel catturare Fdi, ndr) spingendo molti operatori a delocalizzare in Paesi Ue… Gruppi finanziari che necessitano del “passaporto” per lavorare o operazioni denominate in euro (il riferimento è alle clearing houses, ndr) muoveranno nel continente. E questo minaccia il primato di Londra come centro finanziario». L’effetto Brexit non sarà certo limitato ai confini del Regno. Il contagio economico e politico colpirà – seppure in modo meno significativo di quanto accadrà alla Gran Bretagna – altre economie europee a seconda del grado di relazioni con Londra. L’Italia – conferma di fatto il Fondo – è meno a rischio di tanti partner. Forse, però, più esposta all’instabilità globale che Brexit potrà innescare.

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