
Sono in fuga da guerre e persecuzioni, in Paesi come la Siria, il Burundi o l’Afghanistan, e al termine del viaggio molti trovano soltanto muri, ostilità e ancora sofferenza. Nel 2015, scrive il rapporto annuale pubblicato nella Giornata mondiale dei profughi dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), il numero delle persone costrette a lasciare la propria casa ha toccato livelli mai raggiunti in precedenza, la cifra record di 65,3 milioni. In forte aumento dai rifugiati calcolati nel 2014, 59,5 milioni, in aumento del 50% rispetto a cinque anni fa. Una persona su 113, nel nostro pianeta, è un profugo.
Il rapporto - “Global Trends” - traccia le migrazioni forzate basandosi su dati forniti dai governi, dalle agenzie partner incluso l’Internal Displacement Monitoring Centre, e dai rapporti dell’organizzazione stessa. «I rifugiati e i migranti che attraversano il Mediterraneo e arrivano sulle spiagge d’Europa - ha detto in conferenza stampa Filippo Grandi, alto commissario Onu per i rifugiati - portano il messaggio che se non risolviamo i problemi, saranno i problemi a venire da te. È doloroso constatare che chi vive nei Paesi ricchi abbia impiegato così tanto tempo per capirlo. Abbiamo bisogno di azione, di azione politica per fermare i conflitti: questo sarebbe il modo più importante per prevenire i flussi di rifugiati».
Il totale di 65,3 milioni comprende 3,2 milioni di persone che a fine 2015 erano in attesa di una risposta alla richiesta d’asilo in Paesi industrializzati (il numero più alto mai registrato dall’Unhcr), 21,3 milioni di rifugiati (persone che hanno lasciato il proprioPaese, 1,8 milioni in più rispetto al 2014 e il dato più alto dall’inizio degli anni 90), e 40,8 milioni di persone costrette a fuggire dalla propria casa ma che si trovavano ancora all’interno dei confini del proprio Paese (il numero più alto mai registrato, in aumento di 2,6 milioni rispetto al 2014).
Raddoppiati i migranti-bambini soli
All’origine delle migrazioni, tre ragioni principali: le crisi che causano grandi flussi di rifugiati durano, in media, più a lungo (ad esempio, i conflitti in Somalia o Afghanistan stanno ormai entrando rispettivamente nel loro terzo e quarto decennio); è maggiore la frequenza con cui si verificano nuove situazioni drammatiche o si riacutizzano crisi già in corso (la più grave oggi è la Siria, ma negli ultimi cinque anni anche Sud Sudan, Yemen, Burundi, Ucraina, Repubblica Centrafricana, etc.); la tempestività con cui si riescono a trovare soluzioni per rifugiati e sfollati interni è andata diminuendo dalla fine della Guerra Fredda.
«I fattori che mettono a rischio i rifugiati si stanno moltiplicando - ha detto ancora Filippo Grandi -. Un numero spaventoso muore in mare ogni anno; sulla terraferma, le persone che fuggono dalla guerra trovano la loro strada bloccata da confini chiusi. La politica in alcuni Paesi gravita sempre più verso restrizioni nell’accesso alle procedure d’asilo. Oggi viene messa alla prova la volontà dei Paesi di collaborare non solo per i rifugiati ma anche per l’interesse umano collettivo, e ciò che deve davvero prevalere è lo spirito di unità.»
Tra i Paesi coperti dal report la Siria con 4,9 milioni di rifugiati, l’Afghanistan con 2,7 milioni e la Somalia con 1,1 milioni rappresentano da soli oltre la metà dei rifugiati sotto mandato Unhcr nel mondo. Allo stesso tempo, la Colombia, con 6,9 milioni, è il Paese con il più alto numero di sfollati interni, seguita dalla Siria, con 6,6 milioni, e l’Iraq, con 4,4 milioni. Lo Yemen è il Paese che ha dato origine al maggior numero di nuovi sfollati interni nel 2015: 2,5 milioni di persone, il 9% della sua popolazione.
«Ovunque sorgono barriere - è la denuncia dell’alto commissario Onu - e non parlo soltanto di muri. Parlo di nuove barriere legislative, anche in Paesi del mondo industrializzato che per molto tempo sono stati bastioni del principio della difesa dei diritti fondamentali legati all’asilo». Tra i Paesi industrializzati, il 2015 è stato anche un anno record per numero di nuove richieste d’asilo, 2 milioni. La Germania ne ha ricevute più di tutti, (441.900), un numero che riflette la sua prontezza e capacità di accogliere chi è fuggito verso l’Europa attraverso il Mediterraneo. Il secondo Paese per numero di richieste ricevute sono gli Stati Uniti (172.000, in gran parte ricevute da persone che sono fuggite dalla violenza dei gruppi armati in America Centrale).
Un’altra constatazione tragica è che oltre metà dei rifugiati nel mondo sono bambini: il 51% dei rifugiati nel 2015. Molti di loro erano separati dai loro genitori o viaggiavano da soli, un dato che desta molta preoccupazione. In tutto ci sono state 98.400 richieste d’asilo da parte di minori non accompagnati o separati dalle loro famiglie.
In Europa procede troppo lentamente il programma di redistribuzione dei richiedenti asilo da Italia e Grecia verso gli altri Paesi Ue, per alleviare la pressione sui due principali Paesi-frontiera: finora sono state ridistribuite solo 2.406 persone. «Non c’è un piano B per l’Europa - ha concluso Grandi -. L’Europa continuerà ad accogliere le persone che cercano asilo. Ora ciascuno deve condividere la responsabilità».
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