LONDRA - Ieri non si è mossa o quasi. Evento raro negli ultimi mesi trascorsi nel segno dell’alta volatilità per la sterlina sotto schiaffo degli investitori a causa del referendum di domani sull’adesione britannica all’Unione europea. Un giorno di calma prima della possibile tempesta, secondo quanto denunciano la banca d’Inghilterra, le banche d’affari, gli analisti.
Alle tante voci di un coro senza stecche – anche il fronte Leave riconosce turbolenze inevitabili sul breve periodo in caso di loro vittoria– s’è aggiunta quella di George Soros che in un appello sul Guardian ha ricordato al mondo la sua esperienza. Il mercoledì nero del 1992 quando il pound (e la lira, ndr) uscì dal meccanismo di cambio europeo sotto la spinta della speculazione, Soros realizzò profitti per un miliardo di sterline. Nulla, sembra dire, rispetto a quanto potrebbe accadere dall'alba del 24 giugno in poi se le urne sanciranno il Brexit. «Il pound cadrà fortemente e velocemente (in caso di divorzio euro-britannico, ndr) mi aspetto che la svalutazione sia più devastante del 15% registrato nel settembre 1992 quando fui fortunato abbastanza da realizzare profitti significativi a spese della Bank of England e del governo britannico...Il pound potrà perdere più del 15, forse il 20% passando da 1,46 a meno di 1,15 sul dollaro che significa una caduta di quasi il 30% dal valore precedente la campagna referendaria». Una dinamica che per il finanziere di origine ungherese porterebbe – ironia suprema - la sterlina alla parità con l’euro.
Le parole di George Soros non si discostano troppo dalla più recente analisi di Goldman Sachs che a metà giugno ipotizzava un indebolimento dell'11% della sterlina verso un basket di valute. Da allora ad oggi, inoltre, il pound sospinto da sondaggi favorevoli a Remain, ha riguadagnato terreno accrescendo ulteriormente la potenziale caduta sui mercati qualora uscisse un esito opposto alle più recenti attese. Scenari da crisi della sterlina in linea con corsi e ricorsi che indicano la violenta e persistente svalutazione della moneta britannica una volta in ogni decennio, o quasi? Non solo George Soros insiste sull'elevatissimo rischio rappresentato – come abbiamo avuto modo di dire ripetutamente - da una bilancia dei pagamenti britannica in rosso acceso. Quella situazione che ha fatto dire al governatore dalla Bank of England Mark Carney che Londra in buona misura «dipende dalla cortesia degli stranieri».
In altre parole da quei capitali esteri che da anni entrano nel Paese e che tanto contribuscono a farlo fiorire. Capitali che potrebbero prendere la via opposta in un contesto di incerte relazioni con l’Unione come saranno quelle immediatamente successive al referendum. Certo poi dipenderà dall'equilibrio eventuale che Europa e Gran Bretagna troveranno, ma i tempi non saranno rapidi. E sul pound si concentrerà l'attenzione dei mercati seppure non in modo esclusivo. Goldman nello stesso report indicava una caduta dell'euro di almeno il 4% mentre lo yen si apprezzerebbe del 14% e il franco svizzero dell'8 per cento. Montagne russe per il Forex, quindi, ma per il pound la posta in gioco è assai più alta dell’inevitabile, prevedibile volatilità.
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